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Nerviano Nerviano / Via Roma

Il comune che insorse un giorno prima: il 24 aprile

Accadde a Nerviano dove i partigiani a causa di un errore entrarono in azione il 24 aprile

Il 25 aprile 1945 l'esercito nazifascista lasciò l'Italia dopo le insurrezioni partigiane di Milano, Genova e Torino. È storia. I partigiani entrarono in azione in maniera omogenea in gran parte dello Stivale. Ma non a Nerviano: il comune dell'Altomilanese era già stato liberato un giorno prima. Fu un errore: tutto era stato programmato per il 24 aprile, «ma poi ci fu un contrordine, Nerviano non venne avvertita in tempo» il partigiano Gini, al secolo: Virgilio Mezzanzanica, nel libro La resistenza del Partigiano Gini, scritto a quattro mani con Alfonso Airaghi. Praticamente i partigiani nervianesi entrarono in azione da soli.

Quindici ribelli nervianesi «discipilinati e bene armati» partirono alle nove del mattino dal campo sportivo comunale con l'intenzione di liberare il comune. Tutto andò secondo i piani, tanto che il podestà all'arrivo dei partigiani nel palazzo municipale si mise da solo agli arresti domiciliari. Successivamente i ribelli si diressero verso il Sempione dove fermarono un camion tedesco e, dopo un rocambolesco inseguimento tra i campi, riuscirono a arrestare i militari.

Ma la vera impresa dei partigiani nervianesi avvenne all'imbrunire quando dodici uomini riuscirono a fermare i membri di una colonna della brigata Aldo Resega. I combattenti si appostarono nei pressi della strada che conduceva al cimitero «esattamente dove aveva il negozio Ambrogio Morelli, il campione di ciclismo nervianese», scrive Gini. La colonna aveva prima raggiunto Legnano «dove erano cominciate le prime scaramucce in vista dell'insurrezione. Dopo inutili tentativi di entrare in città il comandante decise di sospendere la battaglia e di ripiegare su Milano».

I ribelli attesero i militari e la mitragliatrice da 20 millimetri, una vera e propria minaccia per i ribelli che si divisero in due blocchi su entrambi i lati della strada statale. «La colonna della Resega, forse aspettandosi qualche imboscata veniva avanti adagio, con cautela, la motrice con la mitragliatrice era davanti a tutti e dominava la strada. Quando furono a tiro noi cominciammo a sparare furiosamente nel mucchio cogliendoli alla sprovvista». I primi proiettili colpirono l'addetto alla mitragliatrice, poi divampò un vero e proprio scontro a fuoco durante il quale diversi partigiani dovettero gettarsi nelle acque del Canale Villoresi per sottrarsi al fuoco nemico.

La battaglia durò alcuni minuti sino a quando «Il colonnello che comandava i repubblichini ordinò ai suoi uomini di cessare il fuoco e sventolò un panno bianco in segno di resa». La colonna della Resega si arrese: ottantatré persone, settantasette militi e sei ufficiali, furono presi in custodia dai partigiani. La rabbia era evidente sul volto del colonnello che disse agli insorti: «Se sapevo che eravate così pochi vi avrei uccisi tutti e avrei incendiato il paese». I militari furono rinchiusi nelle stanze del salumificio Arduini. «Fummo certamente fortunati, ma sicurametne determinati, e come dice il vecchio adagio: la fortuna aiuta gli audaci», commentò Virgilio Mezzanzanica diversi anni dopo quella importantissima giornata. 

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