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Cronaca

Vallanzasca scrive ai giudici: «Etichetta di bandito mi perseguita». Ma gli negano la semilibertà

Niente da fare per l'ex boss della Comasina, che era stato arrestato nel 2014 proprio durante un periodo di semilibertà per furto in un supermercato

Il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha negato la semilibertà a Renato Vallanzasca, oggi 70enne detenuto a Bollate, celeberrimo come boss del quartiere Comasina, che chiedeva una nuova possibilità con una lettera scritta di suo pugno, nella quale ripercorreva gli anni della sua «vita assurda». Semilibertà già ottenuta una volta e culminata con l'arresto per furto all'Esselunga nel 2014, quando il "bel Renè" fu sorpreso con dei boxer. Lui gridò al complotto ma venne lo stesso condannato. Un precedente tentativo di ottenere la semilibertà andò a vuoto nel 2018.

Vallanzasca, nella lettera ai magistrati, scriveva di ritenere che «ora siano altri gli ideali da seguire», eppure gli rimane addosso l'etichetta di bandito che lo perseguita. «Il bambino del circo ha fatto il suo tempo, così come il bel Renè”, aggiungeva per sottolineare di essere un uomo diverso, «un uomo di 70 anni che ripensa agli errori da un'ennesima galera». Vallanzasca, nella lettera, faceva anche i conti: e sottolineava di avere trascorso da uomo libero appena 16 anni su 70.

«Il mio futuro - scriveva ancora - potrebbe essere quello di un percorso di comunità, magari per poter essere utile a chi, più giovane di me, potrebbe trarre giovamento dalla mia vita assurda». E alcune strutture si erano anche rese disponibili ad accoglierlo, ma nulla da fare: manca, per il Tribunale di Sorveglianza, quel ravvedimento certo che è condizione giuridica indispensabile. Secondo i magistrati pesa tra l'altro proprio l'arresto all'Esselunga, durante un'altra semilibertà. E il mancato risarcimento alle vittime, o almeno la richiesta di perdono. Su questo punto Vallanzasca scriveva, nella lettera, che il suo silenzio è quello «che si deve come il massimo rispetto per le vittime». Non ha convinto i giudici.

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