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Aborto, no del Tar alle restrizioni della Regione: contrastano con la legge

La delibera varata dalla Lombardia nel 2008 secondo il tribunale sarebbe in contrasto con la legge 194. In particolare ad essere contestata l'introduzione del termine massimo di 22 settimane per l'interruzione della gravidanza

Il Tar della Lombardia ha bocciato la delibera della Regione che rendeva più restrittive le norme sull'aborto. Secondo il tribunale amministrativo la disciplina, varata nel gennaio del 2008, sarebbe 'illegittima' perché in contrasto con la legge nazionale 194. A ricorrere ai giudici erano stati 8 medici sostenuti dalla Cgil Lombardia. In particolare la maggior discordanza con le norme nazionali riguardava i tempi per ricorrere all'interruzione di gravidanza, fuori dai primi 90 giorni in caso di grave pericolo per la salute della donna, prevista in 22 settimane più 3 giorni invece che in 24 settimane.

Il commento di Buttiglione.
"A prescindere dal merito della sentenza del Tar, si vede come sia sempre più urgente che finalmente si porti in discussione nell'aula di Montecitorio la proposta Buttiglione per limitare l'aborto entro e non oltre la ventesima settimana di gravidanza", ha affermato il presidente dell'Udc, Rocco Buttiglione.

"Si ha come la sensazione - ha aggiunto Buttiglione - che certe linee culturali trovino sponda in certa magistratura per portare avanti un disegno in favore dell'aborto libero che è in contrasto con le leggi e con la Costituzione italiana. Anche per la legge 194 l'aborto non è libero ma è un disvalore morale non punibile penalmente".   

Critico anche il presidente della Regione. "Dopo la sentenza del Tar tutto rimane come prima negli ospedali lombardi, perché le pratiche contestate dal Tar sono di puro buon senso e coerenti con le scoperte scientifiche degli ultimi anni. Tali pratiche sono già state adottate spontaneamente da anni dai ginecologi negli ospedali lombardi e continueranno a essere utilizzate", commenta  Roberto Formigoni.

"Infatti, sbagliando, il Tar sostiene di aver annullato le linee guida - prosegue il presidente -. In realtà, l'atto della Lombardia era e resta un atto di indirizzo tutt'ora valido. La differenza è sostanziale perché con l'atto di indirizzo non si impone una disciplina, ma si indicano a tutti gli ospedali lombardi le migliori pratiche definite in accordo con i migliori professionisti che operano in Lombardia, anche di diverso e opposto orientamento politico".

Il segretario regionale del Pd. "Regione Lombardia ne prenda atto con saggezza, lasci da parte ogni discussione ideologica, non perda altro tempo nell'applicazione rigorosa e totale degli impegni contenuti nella legge statale 194", dichiara Maurizio Martina. "La sentenza del Tar relativa alle linee guida sull'aborto emanate due anni fa da Regione Lombardia è chiara e indiscutibile - ha aggiunto -. Il Tribunale Amministrativo boccia senza appello i contenuti della delibera regionale del 2008 dichiarandola in palese contrasto con la legge nazionale".

Il presidente dei Radicali.
Silvio Viale, noto per avere introdotto la RU486 in Italia, ha espresso soddisfazione, in una nota, per la sentenza del Tar della Lombardia. "Che le Regioni non possano imporre limitazioni della legge era evidente. Come è altrettanto evidente - ha affermato Viale - che i singoli medici non possono opporsi alle imposizioni di direttori generali e direttori sanitari, se non sostenuti".

"La sentenza del Tar della Lombardia - ha aggiunto - è soprattutto una lezione per Cota, Zaia e Polverini, ma non basta. Occorre una programmazione che garantisca un numero sufficiente di aborti (sufficiente per numero, quantità e qualità) nei principali ospedali di ogni regione, fissando le quote di medici non obiettori da garantire mediante la mobilità, come è previsto dalla legge 194 del 1978".

Sulla sentenza del Tar è intervenuta anche Chiara Cremonesi, consigliera regionale lombarda di Sinistra Ecologia Libertà: "Viene così riaffermata - ha commentato - la competenza esclusiva dello Stato in materia. Per l'ennesima volta, nel tentativo di ostacolare le donne nella loro libera scelta, Formigoni ha voluto utilizzare una discrezionalità che non gli é data. La 194 è legge, non può essere oggetto di interpretazioni parziali e anche chi non la condivide, a partire dal Presidente della Regione Lombardia, è chiamato a rispettarla e a farla rispettare".

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