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Vietato "vestirsi da prostituta": fa discutere il nuovo regolamento di un comune del Milanese

La formula è in realtà usata anche altrove in Italia. Il regolamento non è ancora stato approvato. Durissimo il Pd: «Un attacco alla dignità della donna»

Spesso i comuni escogitano ordinanze o regolamenti anti-prostituzione che esasperano i dettami della Legge Merlin, restringendo ulteriormente le libertà individuali. A Cassina de' Pecchi, comune milanese della zona della Martesana, l'amministrazione va oltre e decide d'intervenire pure sul modo di vestirsi delle persone. Per il momento è solo una proposta, ma scritta nero su bianco nel nuovo regolamento di polizia urbana che deve essere ancora approvato e che sarà discusso il 30 aprile in consiglio comunale.

All'articolo 23 ("Comportamenti contrari all’igiene, al decoro e al quieto vivere") si legge testualmente: «In luogo pubblico è vietato contrarre ovvero concordare prestazioni sessuali oppure intrattenersi con soggetti che esercitano l’attività di meretricio su strada o che, per atteggiamento, ovvero per l’abbigliamento ovvero per le modalità comportamentali manifestino comunque l’intenzione di esercitare l’attività consistente in prestazioni sessuali». 

Le opposizioni all'attacco

Una frase che ha fatto sobbalzare le opposizioni di centrodestra e di centrosinistra. A Cassina governa infatti, da sola, la Lega, con la sindaca Elisa Balconi. Non piace, in particolare, il riferimento all'abbigliamento che identificherebbe una prostituta. «E' una cosa assurda, chi stabilisce se è consono o no?», si è chiesto Andrea Maggio di Uniti per Cassina, la lista d'opposizione che riunisce Fratelli d'Italia e Forza Italia.

Durissimo il Pd cassinese. «Un attacco alla dignità della donna», si legge in una nota ufficiale diffusa il 25 aprile, non a caso la data della festa della Liberazione: «Ci chiediamo quale atteggiamento e quale abbigliamento considerino una manifestazione o intenzione di attività di meretricio. Respingiamo qualsiasi forma di classificazione di una donna rispetto al suo modo di vestirsi o di atteggiarsi».

La formula inserita nella bozza di regolamento è in realtà piuttosto diffusa nei regolamenti di polizia urbana e nelle ordinanze cosiddette antiprostituzione di mezza Italia, probabilmente in modo trasversale rispetto all'appartenenza politica delle giunte. Tuttavia l'idea che un determinato abbigliamento (peraltro non meglio specificato) manifesti, secondo chi ha scritto la formula, «l'intenzione di esercitare» la prostituzione, sembra davvero fuori da ogni logica. 

Inoltre l'idea di regolamentare, restringendone il campo, l'attività di prostituzione, in sé permessa dalla Legge Merlin, aggiungendo divieti, pur nell'ambito dell'autonomia degli Enti Locali, talvolta incontra l'opposizione della magistratura che accoglie i ricorsi in merito e "stoppa" questa frenetica attività regolatoria dei comuni. Per non parlare del fatto che la formula, vietando di «intrattenersi» in luogo pubblico «con soggetti che esercitano l'attività di meretricio», formalmente impedirebbe ai volontari delle associazioni anti-tratta di fermarsi ad assistere le prostitute.

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