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Venerdì, 19 Aprile 2024

Massimiliano Tonelli

Direttore Editoriale CiboToday

Aumento biglietto Atm? Sarebbe un affare anche a 3 euro

La tariffa del trasporto pubblico resta sempre conveniente se davvero ci permette di vivere senza un mezzo di proprietà. Ma per permettercelo si devono verificare una serie di circostanze oggi trascurate. Questo deve farci indignare, non piccoli aumenti

Dopo il 2019 aumentano nuovamente i biglietti della metro e pare che il mondo ci crolli addosso. Il disappunto è comprensibile, la polemica politica pure (visto che un aumento “comunale” maschera in realtà un aumento “regionale”), ma è mai possibile che la sensibilità dell’utenza sia rivolta solo ai costi del mezzo pubblico e mai di quello privato?

Negli ultimi anni le spese per chi possiede un’autovettura, già tradizionalmente alti, sono schizzati alle stelle. Costa di più il carburante e i pezzi di ricambio, occorrono mesi per ottenere un’auto dopo averla ordinata, non sono da meno le assicurazioni e altre gabelle. Tutto questo non mobilita le masse, non scalda i cuori. Per l’auto si fanno sacrifici, fino a svenarsi, ma se bisogna pagare qualche centesimo in più la metropolitana apriti cielo: è vissuto come un affronto. “Ladri”, “Maledetti”, “Criminali” urlano i 2mila commenti sotto il post di MilanoToday che dà l’annuncio degli aumenti.

La prospettiva con cui osserviamo questi problemi dovrebbe essere davvero molto molto diversa. Sia nel merito sia nel metodo. Il merito riguarda questo aumento. Si badi bene: il principio è anche corretto. È un proposito che punta a mantenere solidi i bilanci di queste società senza mandarli a gambe all’aria come purtroppo succede in altre regioni: se aumenta l’inflazione, anche i biglietti devono aumentare. Dunque stiamo protestando, animatamente, contro un provvedimento che sotto sotto non è sbagliato e viene incontro anche al nostro interesse di non ridurre aziende come Atm in un’Atac qualsiasi. Ma oltre alle valanghe di commenti e alla viralità social c’è di più, c’è il botta e risposta politico agostano. Che ciurla nel manico e non tocca il punto cruciale.

Se il trasporto pubblico funziona, il suo costo è sempre basso

Ed eccoci dunque al metodo: quanto diamine deve costare il ticket del trasporto pubblico di una città con le caratteristiche di Milano? Per rispondere sono andato a guardarmi le tariffe di quelle città europee che ritengono grossomodo raffrontabili alla nostra per popolazione e offerta trasportistica: Vienna, Barcellona, Liverpool, Amsterdam, Monaco di Baviera, Lione, Marsiglia. Andate a vedere quanto costano i biglietti singoli in quelle città. Se il nostro arriverà a 2,20 euro, resteremo comunque ben sotto la media di queste aree urbane fatta eccezione per le città cugine di Francia dove - forse grazie a più robusti sussidi centrali - i ticket costano meno. 

Quindi sgombriamo il campo dall’ipotesi che qualcuno di cattivo lassù stia tramando per derubarci e metterci le mani in tasca. Non è così. Anzi i nostri servizi sono più economici degli altri: sia il biglietto singolo sia - ancor di più - gli abbonamenti che a Milano sono un autentico affare.

Il ragionamento su questi temi dovrebbe quindi volare altrove ed essere più sistemico. Il punto non è cavillare su quanto costa il trasporto pubblico, il punto è rendere la mobilità urbana così efficiente da rendere una faccenda marginale il suo costo, perché comunque infinitamente inferiore al costo dell’auto. Se posso rinunciare al possesso dell’auto spendere qualche centesimo in più per il trasporto pubblico è irrilevante. L’abbandono dell’auto di proprietà, che impatta sul bilancio familiare per decine di migliaia di euro l’anno, è la vera chiave di volta per dare una svolta economica radicale alle famiglie. Questa scelta deriva da un ecosistema di opportunità diversificate, che vedono il trasporto pubblico come uno dei tasselli di un mosaico formato dalla pedonalità, dalla ciclabilità, dalla lotta alla sosta selvaggia e da molti altri aspetti. Rendere efficiente questo groviglio è il punto vero, è l’opportunità grandissima. Il nostro sdegno dovrebbe levarsi perché non si attuano politiche lucide su questo, non perché i biglietti adeguano il loro valore economico al tasso ufficiale di inflazione. 

Le cose che dovrebbero farci arrabbiare sulla mobilità

E dunque indigniamoci se l’amministrazione non riesce a intensificare il numero di aree pedonali; se non viene combattuta a dovere la sosta selvaggia; se le deroghe all’Area B diventano la normalità; se non si disegnano nuove corsie preferenziali protette e videosorvegliate per rendere il mezzo pubblico di superficie sempre più appetibile e veloce; se non si attua un serio piano di sosta interrata come è avvenuto in tutte le città evolute. Indigniamoci perché la nuova M4 passerà sotto alla M3 ma non si potrà scambiare da una metro all’altra; indigniamoci perché l’assessore alla mobilità di Milano bullizza sui social gli attivisti che lottano per la sicurezza dei ciclisti oggi messa in discussione da un network di ciclabili disegnato senza crederci fino in fondo. Indigniamoci anche nel constatare che non è assolutamente sufficiente il contrasto agli ingressi abusivi in metro, con il Salto del Tornello che di questo passo diverrà disciplina per i Giochi 2026 nell’indifferenza generale e con centinaia di aspiranti all’oro olimpico. Indigniamoci finché viene tollerata la sosta di decine di migliaia di auto sui marciapiedi mentre la presenza sugli stessi marciapiedi di qualche monopattino viene raccontata come lo scandalo degli scandali. Indigniamoci per quanto costa poco a Milano parcheggiare sulle strisce blu e per quanto costa poco la nostra congestion charge: “Dopo 10 anni non sarebbe il caso semmai di aumentare il costo dell’Area C?” dice giustamente il presidente del Primo Municipio Mattia Abdu, che aggiunge: “Perché gestiamo la mobilità come fossimo negli anni Ottanta senza adoperare la tecnologia?”. Questa è un’altra cosa per cui indignarci e che ci tiene ancorati al passato, altro che piccoli rincari sui biglietti. E indigniamoci quando comprendiamo che la forsennata presenza del pavè su molti percorsi importanti fa passare la voglia di utilizzare la bici anche al più convinto fautore dei pedali: sarebbe pensabile una cosa così a Vienna, Barcellona o Amsterdam?

Insomma invece di chiedere biglietti a livelli bassi, chiediamo politiche per la mobilità di livello alto. Ne più e ne meno in linea con quanto avviene in tutte le città paragonabili con Milano che abbiamo elencato sopra. Quando Milano si sveglierà in questo senso, l’efficienza, l’incremento della qualità della vita e il risparmio per i cittadini saranno tali che 20, 40 o 60 euro di aumento si trasformeranno in una faccenda irrilevante.

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