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Alessandro Rovellini

Direttore responsabile

Il sottile godimento dei giornalisti nello scrivere "bocconiano"

Se uno studente, un ex studente o un professore "cadono" in vicende poco edificanti, si imprime a fuoco immediatamente un marchio: è "bocconiano". E con questa pervicacia non accade con nessuna altra università italiana

C'è un aggettivo che nessun giornale, nessuna testata online, nessun periodico si dimentica quando si parla di cronaca milanese, specialmente nera: è "bocconiano". La Treccani lo menziona solo sporadicamente nel Dizionario biografico degli italiani, non esiste tra i lemmi. In altri dizionari c'è, in altri ancora no. Però è usatissimo, da sempre. Si può omettere l'età, il sesso, celare il nome con le iniziali, inquattare particolari delle vicende, ma una cosa è certa: la provenienza dall'università di via Sarfatti sarà sempre e comunque impressa a fuoco in qualsiasi anfratto, dai titoli alla più microscopica delle brevine. 

In principio fu Sara Tommasi. Laureata sul serio in Bocconi, tesi sul caso Parmalat, è passata dalle luci di ribalta di una promettente carriera televisiva al baratro di un rapporto morboso con l'avvofatto Andrea Diprè. Ne sta uscendo ora, dopo anni. Mai che qualcuno, tra ospitate, interviste, editoriali pelosi, abbia dimenticato di sottolineare il suo brillante passato universitario. Poi la coppia dell'acido, Martina Levato e Alexander Boettcher: lei studentessa modello in Bocconi, un rapporto malato e l'aggressione volta a sfigurare un ex compagno di scuola, piano dal triste epilogo con punte grottesche; o l'ex docente di Finanza aziendale condannato a 6 anni per truffa. Senza dimenticare il re dei casi mediatici di inizio Duemila: l'omicidio di Garlasco. Unico imputato e colpevole un (ora) commercialista bocconiano, Alberto Stasi. 

Il leitmotiv si ripete, ciclicamente. Troppo ghiotta l'occasione per chi scrive. Non scagliamo la prima pietra, sia chiaro. Ci siamo cascati qui o qui e ci ricascheremo. La storiaccia di Alberto Genovese, ex founder di Facile.it e numero uno di Prima Assicurazioni.it che dovrà rispondere di accuse pesantissime, non è altro che l'ennesimo mattoncino al serial. "Perchè godete nello scrivere "bocconiano"? Se avesse frequentato qualsiasi altro ateneo sarebbe stato semplicemente "universitario"". È questo il tenore, più o meno, di mail e commenti ogniqualvolta si usa questa caratteristica. Anche per Genovese ne siamo stati inondati. La spiegazione giornalistica è semplice, ma non esaustiva. Fa notizia e alza l'audience, d'accordo. Il primo della classe nel fango. La Bocconi è un'università d'eccellenza e di prestigio, tra le migliori d'Italia e d'Europa. E' privata, ha un costo elevato, ci vanno rampolli ed élite. Quando qualcuno tra studenti, professori o ex studenti cade, si fa strada, sempre, una sottile compiacenza di rivalsa classista tra - non nascondiamoci - i cronisti e parte dei lettori. Non succede, o meglio, succede molto meno, con la Normale, con la Luiss, con la Cattolica, con il Politecnico. Eppure hanno pari rango. 

"Personalmente non mi dà particolarmente fastidio - ci spiega Filippo B., laureato in Bocconi e oggi manager di un colosso della consulenza -, ma quello del figlio di papà è un'etichetta che non ti scrolli. Certo, nel corso degli anni di studi qualcuno così l'ho incontrato, ma anche un sacco di ragazzi di famiglie normalissime che si sbattevano come e più degli studenti in altre università". 

"In effetti "bocconiano" ha un'accezione a volte dispregiativa - chiosa Emma R., Business development analyst e laureata nel 2017 - e mi dà abbastanza fastidio per come viene usato negli episodio di cronaca nera, come fosse un'offesa. Anche sul lavoro, ogni tanto, sono capitate battute non proprio piacevoli su questa cosa. Ammetto di aver perso qualche amicizia per il pregiudizio, quando iniziai l'università: fai la Bocconi, quindi sei snob. Ma negli anni ho conosciuto un gruppo di studentesse e amiche con le quali mi trovo benissimo, che non sono affatto snob. Fare la Bocconi non è un vanto fine a sè stesso, ma l'opportunità di frequentare una scuola di grande importanza, che è comunque un'università come le altre. E ci sono tanti studenti con le borse di studio". 

Bocconi-shaming? Non esageriamo. Ci sono discriminazioni più drastiche, dolorose e devastanti. Ma che il fare la Bocconi sia una colpa, e aggravante nelle accuse di reato, è l'ennesima, assurda, stereotipia tutta italiana. 

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