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Sabato, 20 Aprile 2024
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La vita di un campanaro a Milano - episodio 7 Mest(ieri)

Intervista a Paolo Branchi, 25enne che lavora sui campanili della città

Osservare il mondo dall'alto e ascoltare il suono delle campane che sin da piccolo lo incantava. Questi i motivi che hanno portato Paolo Branchi, un ragazzo di 25 anni, a diventare un moderno campanaro. Lo abbiamo incontrato nella Chiesa parrocchiale di Sant'Antonino Martire a Nova Milanese, per Mest(ieri), la nostra rubrica suoi lavori antichi e rari. Dopo averlo seguito attraverso diverse e ripide rampe di scale, passando attraverso antiche botole, arrivati in cima al campanile, ci siamo fatti raccontare la sua storia.

L'intervista a Paolo Branchi, campanaro: VIDEO

Cosa vuol dire fare il campanaro oggi?

"Vuol dire essenzialmente due cose. C'è il campanaro e il tecnico delle campane: il primo viene spesso confuso con l'immagine del sacrestano che tirava le corde, in realtà non è più così, si tratta di una figura che si è evoluta; il secondo è colui che esegue la manutenzione. In generale, posso dire che questo è un lavoro bello, ma anche molto faticoso e pericoloso".

Perché hai scelto questo mestiere?

"Mi ha sempre affascinato sin da bambino. In parallelo allo studio e alla vita privata, già da piccolino, ho coltivato la passione per le campane, sperando un giorno di poterne fare un lavoro". 

Come hai imparato a suonare e riparare le campane?

"Sono diventato tecnico delle campane grazie alla disponibilità delle aziende che mi hanno dato la possibilità di crescere professionalmente e anche a varie figure del mondo campanario, che ora purtroppo non ci sono più".

Qual è il momento più bello del tuo lavoro?

"Sono contento quando i parroci mi affidano il compito di riparare le campane. Ma il momento più piacevole in assoluto è sicuramente quando le campane, dopo essere state aggiustate, suonano bene".

Ci sono delle qualità particolari per diventare un buon campanaro?

"Più che qualità ci sono dei segreti, che però non si possono svelare: questo è un mestiere molto di nicchia. Sicuramente, in ogni caso, bisogna essere buoni meccanici e buoni elettricisti, oltre ad avere orecchio: ogni campana ha una sua nota corrispettiva, se risulta stonata può essere accordata direttamente sul campanile oppure nelle officine".

Quali sono i pericoli connessi al mestiere di campanaro?

"Moltissimi. Innanzitutto il fattore uditivo: le campane emettono suoni con decibel molto alti. Per questo bisogna avere sempre delle cuffie o comunque dei tappi antirumore. Poi c'è il pericolo legato all'elettricità, visto che le campane sono azionate dalla corrente. E poi, soprattutto, c'è la sicurezza: salire su un campanile non è così facile: si possono trovare molte insidie nelle scale e nei pianerottoli. Bisogna prestare la massima attenzione".

Consiglieresti a un ragazzo o una ragazza di diventare campanaro/a?

"A chi vuole sporcarsi le mani e ha voglia di imparare, perché no? Ribadisco però il fatto che è un mestiere particolare e molto pericoloso: non bisogna soffrire di vertigini, aver problemi di cuore o di udito. In generale è necessario essere in buona salute". 

Per essere campanari bisogna avere anche competenze musicali?

"Io sono anche un musicista. I campanari che conoscono bene la musica, perché l'hanno studiata, hanno anche delle capacità in più rispetto ad altri. Per saper sistemare le campane, in ogni caso, è essenziale avere almeno un buon orecchio".

Esiste una scuola per diventare campanari?

"Ci sono diverse associazioni no profit legate al mondo delle campane. Io stesso, dallo scorso dicembre, ho un gruppo di campanari con il quale cerco di portare avanti la tradizione anche insegnando ai più piccoli. Un paio di anni fa con l'associazione a cui ero iscritto ho tenuto proprio un corso di campane presso la fonderia Allanconi di Bolzone di Ripalta Cremasca: abbiamo insegnato a una cinquantina di persone l'arte campanaria. Una vera e propria scuola campanara, poi, esiste nella Bergamasca". 

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