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"Prenderesti mai del veleno?": a Milano poster shock contro l'aborto, furia delle donne

Un cartellone firmato "Pro vita & famiglia" scatena le polemiche. Il comune: "Va rimosso"

Una donna stesa a terra, svenuta, con un candido abitino bianco e in mano una mela rossa, evidente richiamo alla Biancaneve avvelenata. Poi, in alto, su sfondo rosso, una domanda che cancella ogni potenziale dubbio: "Prenderesti mai del veleno?". Un po' più sotto a destra, invece, l'hashtag scelto dai responsabili: ”#dallapartedelledonne". Quelle stesse donne che però si sentono offese, attaccate, denigrate. 

È bufera a Milano sulla campagna di comunicazione firmata dall'associazione "Pro Vita & famiglia" contro la "Ru486", la pillola abortiva che - per scelta del ministero della salute - può essere utilizzata per interrompere la gravidanza fino alla nona settimana senza necessità di ricovero. La bomba è esplosa domenica, quando in città - all'angolo tra via Vigoni e via Mercalli - è apparso un poster che paragona, senza troppi giri di parole, il farmaco a un veleno che "mette a rischio la salute e la vita della donna e uccide il figlio nel grembo". 

"Non ci sono parole per descrivere questo vergognoso manifesto pubblicitario affisso a Milano - l'accusa di 'Casa delle donne', la prima associazione a far sentire la propria voce -. Si tratta di una indegna menzogna e di una grave violazione del corpo e della dignità delle donne. L’ennesima violenza che non siamo disposte a tollerare. Chiederemo chi ha autorizzato questa affissione e siamo pronte a un’azione significativa che faccia sentire la nostra voce contro questo abuso".

Poco dopo è stata la volta di "Non una di meno", altro storico gruppo che si batte per la difesa dei diritti delle donne. "Non bastavano i negazionisti del covid, ci mancavano pure quelli della pillola RU486 e del diritto all'interruzione volontaria di gravidanza. È grave - hanno spiegato - che sia stata permessa l'affissione di una campagna di disinformazione medico-scientifica e di attacco ai diritti delle donne così plateale. Chiediamo che venga rimossa immediatamente, la città e lo spazio pubblico non sono la bacheca privata degli 'uomini che odiano le donne', dei cattofondamentalisti negazionisti che non sopportano il semplice principio per cui chiunque decide del proprio corpo e della propria vita".

E in effetti da chi è stata autorizzata l'affissione non è chiarissimo. Dal comune la prima voce arrivata è stata quella di Diana De Marchi, consigliera Pd e presidente della commissione pari opportunità di palazzo Marino. "Ho scritto a tutti i referenti, resta sempre il tema purtroppo che il comune può intervenire solo sui nostri spazi. Adesso verifichiamo, spero che negli uffici rispondano in queste giornate", ha scritto in un commento sui social. "Comunque come abbiamo già fatto, ci faremo sentire tutti e tutte insieme. Ci siamo già attivati per farlo rimuovere perché è inaccettabile: la libertà delle donne va rispettata sempre, loro sanno scegliere in modo consapevole e responsabile, nel rispetto della legge".

"Parole che fuoriescono dal legittimo perimetro dell’opinione, ledono i diritti delle donne oltre che a falsare l’informazione pubblica dal punto di vista scientifico e giuridico", è la reazione dei radicali milanesi con Federica Valcauda e Giacomo Miotti, segretaria e tesoriere dell’Associazione Enzo Tortora. "Con la pillola RU486 infatti non è richiesto l’intervento chirurgico, non è resa indispensabile l’ospedalizzazione della donna e, soprattutto, non si va ad incorrere in tutti quei rischi a cui la persona si sottopone quando va incontro ad un’operazione. In Regione Lombardia sono state depositate ormai da un anno le firme di migliaia di cittadine e cittadini lombardi sulla Proposta di Legge 'Aborto al Sicuro', volta a migliorare l’efficienza sulla prevenzione e contraccezione, vista ancora l’enorme difficoltà delle donne ad abortire in modo sicuro: trovare dei medici non obiettori resta infatti un problema reale. Nessuna intimidazione, quindi, nella lotta per garantire alle cittadine lombarde il pieno e sicuro diritto di scelta sul proprio corpo. Chiediamo che il comune di Milano e gli altri comuni rimuovano tali manifesti in quanto lesivi del diritto alla libera scelta della donna e che, anche con il coinvolgimento del Ministero della Salute e dell’Aifa, si impegnino a diffondere una informazione corretta, trasparente e non tendenziosa sul diritto, garantito dalla legge italiana, all’interruzione volontaria di gravidanza".

Da "Pro Vita & famiglia", invece, hanno rivendicato le loro affissioni - apparse anche a Roma e Verona - e dal sito ufficiale hanno fatto sapere che, secondo loro, "la Ru486 può causare emorragie, gravidanze extra uterine, infezioni, setticemie, distruzione del sistema immunitario, depressione e anche la morte". Considerazioni su cui, evidentemente, né l'agenzia italiana del farmaco, né il ministero della salute erano però d'accordo.

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