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In centro a Milano è rimasto un solo cinema

Chiude anche l'Arlecchino, resiste solo l'Odeon. Venerdì protesta dei lavoratori del settore a Milano: "Nessuno può mettere i cinema in un angolo"

I titoli di coda. I più brutti. È finita, almeno per ora, la storia dell'Arlecchino di Milano, uno dei cinema più famosi della città che poteva vantare anche una scultura in mosaico e ceramica, chiaramente di Arlecchino, firmata dall'artista Lucio Fontana. Il monosala di via San Pietro all'Orto, traversa di corso Vittorio Emanuele, si appresta infatti a chiudere, come già successo nei mesi scorsi all'Apollo. Così, in quella che era la "Hollywood meneghina", dove trenta anni fa si contavano una trentina di cinema, adesso resta soltanto l'Odeon, che subirà un forte ridimensionamento. 

"È un dispiacere prendere questa decisione", l'amarezza di Tomaso Quilleri, l'ormai ex gestore dell'Arlecchino intervistato dalla rivista specializzata "Box office". "Purtroppo, in un’ottica di redditività industriale, le monosale sono una realtà che opera strutturalmente in perdita: era così già prima della pandemia e ora con la situazione critica dell’intero settore è ancora peggio. Le monosale possono ormai operare solo in una logica di presidio culturale e di luogo di aggregazione di una comunità. A Milano esistono monosale di questo tipo che funzionano molto bene, come il Beltrade: sono luoghi di incontro, gestiti come con una creatività artigianale, come una bottega o una boutique. Luoghi che però devono poter contare su una comunità locale, su un pubblico di prossimità, di quartiere: la zona dell’Arlecchino, purtroppo, è ormai diventata solo una zona di shopping", ha spiegato il manager, chiarendo alcuni dei motivi della crisi. 

"È viva di giorno, ma di sera è spopolata, le zone di richiamo serale sono ormai altre a Milano, i giovani vanno in zona Isola, Bosco Verticale, a CityLife, o anche in zona Cinque Giornate dove gestiamo il cinema Colosseo. Fino a non molto tempo fa, Corso Vittorio Emanuele era una multisala a cielo aperto. Ora - ha concluso - ci sono solo negozi".

Ma la crisi non riguarda solo l'Alrecchino, è strutturale. E proprio per questo, al grido di "Nessuno mette i cinema in un angolo", venerdì mattina i lavoratori del settore - a Milano sono oltre 300 - si ritroveranno alle 11 fuori dal cinema Colosseo per chiedere che la loro situazione difficile non passi sotto silenzio. "Soprattutto - hanno scritto in una nota congiunta Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil - quando le scelte legislative, con il combinato disposto delle regole restrittive causa pandemia, rischiano di minare i livelli occupazionali e la tenuta dell'intera filiera. Per queste ragioni, riteniamo indispensabile, pur consci di elementi di criticità legate alla situazione sanitaria, mettere in campo proposte e soluzioni che invertano il trend negativo che il settore sta attraversando".

"È opportuno - hanno proseguito le sigle - che la politica, ad ogni livello, inizi un confronto con le parti sociali per ricercare soluzioni utili e soprattutto strutturali, ampliando le regole per il ricorso agli ammortizzatori sociali. A tal fine, come prima condizione, garantire regole certe. L'evoluzione tecnologica, i profili professionali e una corretta risposta salariale possono trovare una soluzione condivisa riprendendo il percorso negoziale interrotto a causa della pandemia". 

Pandemia che inevitabilmente, anche se adesso le restrizioni sono quasi cadute, ha inciso sul futuro delle sale. "Un tema dirimente per una ripartenza piena, considerando che gli introiti sostengono i costi di gestione in maniera considerevole, è quella di superare la norma che impedisce la somministrazione di cibo e bevande durante gli spettacoli, introducendo norme analoghe a quelle in vigore per la ristorazione", hanno rimarcato i sindacati.

E ancora: "Troppo vaghe le regole, non scritte, di quanto una produzione debba restare sugli schermi cinematografici prima di essere proiettata sulle piattaforme multimediali o televisive. In Europa, Paesi a noi limitrofi hanno affrontato questo tema in maniera coerente, con il fine di garantire gli interessi delle varie anime che compongono il panorama della produzione, garantendo - hanno concluso - le strutture cinematografiche e le piattaforme a pagamento".
 

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