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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Attualità Porta Magenta / Piazza Gaetano Filangieri

Cos'è questa idea di "chiudere" il carcere di San Vittore a Milano?

Il centrodestra (ri)propone l'idea. Tra i contrari più decisi i Radicali. Lipparini deciso: "La qualità di una società si misura dalla qualità delle prigioni"

San Vittore sì, San Vittore no. Negli ultimi giorni a Milano è (ri)tornata alla ribalta l'idea di chiudere la casa circondariale di piazza Filangieri spostando i detenuti in un'altra zona della città - evidentemente più in periferia - e regalando alla struttura una nuova vita. A riportare al centro del dibattito la questione è stato il centrodestra, con il candidato sindaco Luca Bernardo che ha inserito il "problema" nel proprio programma in vista delle prossime elezioni comunali. 

Il primario di pediatria del Fatebenefratelli, sostenuto da Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia, ha avanzato anche delle proposte alternative. Una sarebbe trasformare la casa circondariale nella sede di strutture culturali come la Biblioteca europea, che doveva nascere a City Life ma che non fu mai realizzata. Oppure, si legge ancora nei "buoni propositi" del centrodestra, spostare i detenuti per trovare "spazi per esposizioni temporanee di sculture, pitture o installazioni artistiche, sede di raccolte fotografiche e artistiche di importanti enti o istituzioni milanesi, piuttosto che uno spazio dove esporre le tante opere che giacciono nelle cantine e nei depositi di importanti musei milanesi e italiani". Insomma: cultura, mostre e museo anziché il carcere, conservando la struttura, del 1879, e 'abbellendola' con un parco pubblico intorno. 

La voce contraria più forte è arrivata dai Radicali, che da sempre puntano sulla centralità - anche geografica - delle carceri nelle città per evitare di escludere i reclusi dalla vita sociale. Lunedì sera, in occasione del convegno "Carcere e territorio", sul tema è intervenuto di nuovo Lorenzo Lipparini, assessore per la partecipazione, cittadinanza attiva e open data del comune oltre che capolista di "MilanoRadicale", tra le cui fila c'è anche Luigi Pagano, ex direttore proprio di San Vittore. 

"Milano è l'unica città italiana che ha quattro istituti di pena all'interno del proprio territorio comunale sebbene i nomi possano trarre in inganno indicando altre realtà dell'hinterland. La popolazione carceraria è parte integrante della popolazione della città e deve avere garantiti i servizi", ha rimarcato Lipparini. "Infatti, la qualità di una società si misura dalla qualità delle proprie prigioni. Fondamentali sono gli accessi alla cura, ai servizi civici e ai diritti elettorali per chi li ha conservati. Il diritto al lavoro è premessa di un reinserimento nella società come da costituzione: la pena carceraria è pensata per il recupero e il reinserimento della persona per cui gli istituti di pena devono essere pienamente connessi con la società attorno, anche per garantire alle associazioni di sostegno di svolgere pienamente il loro lavoro, ai parenti dei detenuti di raggiungerli con facilità, e ai carcerati di poter uscire per seguire le eventuali misure alternative", ha ribadito l'esponente radicale. E ancora: "Se si svolge un percorso del genere si sviluppa più sicurezza in quanto si fa diminuire il fenomeno di recidiva da parte dei rei. Noi radicali siamo gli unici che ci poniamo un tema del genere collocandolo al centro del nostro programma elettorale per le prossime amministrative". 

Quello delle scorse ore è solo l'ultimo "richiamo", in ordine di tempo, dei Radicali al candidato del centrodestra. "Bernardo propone di 'eliminare' San Vittore dagli occhi e dal cuore dei milanesi, per 'riqualificare' il quartiere in cui si trova", la "punzecchiata" di Pagano e Lipparini arrivata nei giorni scorsi. "A prescindere dagli interventi sul quartiere, si tratta di una proposta senza prospettiva, perché nulla dice sui luoghi prescelti per andare a creare una nuova casa circondariale, che né Opera ne Bollate potrebbero mai diventare. Al contrario, recuperando i due reparti ancora chiusi di San Vittore si risolverebbe anche il problema del sovraffollamento", avevano argomentato, sottolineando poi che "il carcere deve restare parte integrante della città, perché parte integrante della società siano le persone detenute che nella città dovranno potersi reinserire al meglio, anche per ridurre il rischio di recidiva". 

È innegabile, però, che la situazione a San Vittore non sia delle migliori, con indici di sovraffollamento palesi. La soluzione sarà chiudere il carcere di piazza Filangieri e aprirne un altro? 
 

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