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Reportage / Forlanini / Via Corelli

Nel Cpr di Milano "i migranti sono trattati come mafiosi"

Dopo un'ispezione a sorpresa presso il Centro di permanenza per il rimpatrio di via Corelli a Milano, i senatori Simona Nocerino e Gregorio De Falco raccontano a MilanoToday com'è la situazione e perché queste 'gabbie' sono incompatibili con una società civile e democratica come quella italiana

Molti di loro finiscono per passare 4 mesi interi rinchiusi tra quelle mura. Privati della libertà come i detenuti ma con meno garanzie e meno diritti. Eppure non hanno una sentenza che li condanni. No rapine, no violenze, no truffe, no furti, no risse, no spaccio, niente di tutto ciò. Gli stranieri di via Corelli 28, sede del Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Milano, hanno un solo conto in sospeso con la giustizia: quello di non avere i documenti in regola per stare sul territorio italiano. Non possiedono il permesso di soggiorno, ossia l'autorizzazione rilasciata dalle questure affinché i cittadini non europei possano vivere e lavorare nella Penisola.

Non ottenere quel foglio di carta per chi non ha opzioni vuol dire macchiarsi del reato di immigrazione clandestina, regolato dall'articolo 10 bis del Testo unico sull'immigrazione. Una norma introdotta nel 2009 e che, a detta di molti addetti ai lavori, non ha fatto altro che appesantire la già intasata macchina giudiziaria. E come se non bastasse, agli stranieri che lo Stato non riesce a rimpatriare dopo 4 mesi - che automaticamente devono essere liberati benché rimangano nella stessa condizione burocratica - potrebbe ricapitare di finire di nuovo nella 'gabbia' temporanea del Cpr. Come in un reality che si ripete: senza lusso, telecamere, né premio finale e dal quale non ci sono vie d'uscita. A parte quella politica e legislativa, finora dormiente sulla questione, nonostante per lo Stato mantenere i Cpr sia una spesa pressoché inutile.

Vivere al Cpr di Milano

La vita "disastrosa" dentro un Cpr

Tra i pochi che provano a tenere alta l'attenzione ci sono i senatori Gregorio De Falco (ex M5S oggi Gruppo misto) e Simona Nocerino (M5S). Domenica 29 maggio, a quasi un anno di distanza dalla loro ultima ispezione, sono tornati al civico 28 di via Corelli per vedere se la condizione degli immigrati reclusi nel centro fosse diventata finalmente dignitosa. Spoiler: dopo aver parlato con gli operatori e con le 48 persone attualmente trattenute, dopo aver girato in lungo e in largo gli ambienti dove trascorrono il tempo gli stranieri ed essere rimasti nella struttura per una decina di ore, la risposta è "no, non è ancora dignitosa", come hanno riferito entrambi a MilanoToday. "La differenza con il 2021 è che quest'anno gli ospiti hanno la possibilità di avere il cellulare ma la situazione di chi vive all'interno del Cpr è umanamente disastrosa". La senatrice è chiara nel descrivere la condizione di vita di chi passa da via Corelli. "È umanamente disastrosa", ripete. 

"Siamo tornati dopo un anno", introduce De Falco, e "nonostante sia cambiata la gestione - ora nelle mani della società Engel Italia Srl - e ci siano stati diversi atti giuridici, tra esposti e diffide, la prima cosa che si può constatare è che questo istituto è sempre meno rispondente alla sua già discutibile finalità", spiega. La finalità unica di questo tipo di strutture, come ricorda il nome stesso, sarebbe quella di dare rifugio agli stranieri che non hanno il titolo per stare in Italia in attesa del rimpatrio, regolato dall'articolo 14, D.Lgs. 286/1998.

"Finalità discutibile perché - riprende il senatore - si ottiene attraverso una detenzione amministrativa. Ora, non è che le persone non si possano rimpatriare ma non si possono privare della libertà, anche attraverso una degradazione della dignità e dell'umanità, delle persone che non hanno compiuto alcun reato per cui sia previsto l'arresto o la reclusione". Ovvero quello che avviene nel Cpr di via Corelli dove in più di un'occasione ci sono stati, per esempio, tentativi di suicidio da parte di 'ospiti' stanchi e fiaccati dalle condizioni di vita nel centro. 

Rivolta al Cpr di via Corelli (B&V Photographers)

Il regolamento "senza dignità" 

Art. 1 Disposizioni generali.
Al cittadino straniero trattenuto presso il Centro di permanenza per il rimpatrio di Milano sono assicurati adeguati standard igienico-sanitari e abitativi, con modalità tali da assicurare la necessaria informazione relativa al suo status, l’assistenza e il pieno rispetto della sua dignità, comprese le misure indispensabili per garantire l’incolumità delle persone e quelle occorrenti per disciplinare le modalità di erogazione dei servizi predisposti per le esigenze di cura, assistenza, promozione umana e sociale. Al cittadino straniero è altresì garantito il pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona, anche in considerazione della sua provenienza, della sua religione, del suo stato di salute fisica e psichica e del suo orientamento sessuale, fermo restando il divieto di allontanarsi dal Centro.

E pensare che proprio il primo articolo del regolamento interno di via Corelli, mette nero su bianco le garanzie per gli ospiti stranieri. Nel documento, presente nel portale della prefettura, si parla di "dignità", "standard igienico sanitari e abitativi adeguati", "assistenza", "promozione umana e sociale", e "diritti fondamenti della persona". Ma quante di queste garanzie sono davvero rispettate? A sentire la testimonianza dei due rappresentanti al Senato poche. "Chi viene arrestato per aver commesso un reato penale - dice De Falco - ha sempre un riferimento nel giudice di sorveglianza, cioè un magistrato al quale rivolgersi. Qui, queste persone non hanno nessuno. Non c'è niente. Non solo sono detenuti senza aver commesso un reato che preveda la reclusione, non c'è nemmeno qualcuno da chiamare, non c'è un giudice a Berlino, come si suol dire". Parole in linea con quanto già denunciato da altre associazioni in città, come la rete "Mai più lager - No ai Cpr" che si oppone fin dalla prima ora alla "Guantanamo di Milano", come hanno rinominato più volte il Cpr di via Corelli. Una struttura in passato considerata poco idonea e insicura anche dai sindacati di polizia.

Protesta contro il Cpr in via Corelli

I diritti volatili degli stranieri dentro ai Cpr

"E non c'è nemmeno una disciplina che consenta di fissare i diritti degli stranieri all'interno. Il diritto alla salute, per esempio, lì dentro non esiste", rilancia il senatore. "Dopo la visita dello scorso anno - riprende - la prefettura ha stipulato quattro convenzioni con Ats per tutelare la Salute degli stranieri. Domenica ho chiesto i documenti ai gestori ma non mi è stato fornito niente.  Tra gli accompagnatori che hanno partecipato ai lunghi colloqui con i trattenuti e seguito la visita agli uffici amministrativi e alla infermeria, vi era con noi anche un medico. La quasi totalità dei detenuti ha chiesto, mediante espressa delega scritta, alla direzione del centro la consegna, noi tramite, della documentazione sanitaria di pertinenza di ciascuno di essi e in particolare il diario clinico. Risultato? Siamo ancora in attesa di avere le copie che spettano a ciascuno degli aventi diritto".

Per il senatore la visita ispettiva avrebbe ulteriormente confermato quanto sia "carente ed oscura" la gestione della parte sanitaria delegata al gestore privato e ai suoi medici in libera professione. "È svolta in uno scarno ambulatorio dove la regola, come in tutto il centro, è il risparmio, anche sui farmaci, salvo che sui tranquillanti", accusa. "Quello dalla salute è un ambito - riprende - che registra la totale abdicazione della sanità pubblica, e la sostanziale assenza dei protocolli prefettura Ats previsti dai regolamenti". Un quadro che De Falco reputa "desolante". A maggior ragione per il fatto che - la sua riflessione - "siano stati ignorati gli appelli e le denunce che nel frattempo hanno confermato e comprovato abusi e violazioni del diritto alla difesa, alla comunicazione, alla salute delle persone migranti, detenute in condizioni peggiori di quelle carcerarie". 

I diritti degli stranieri vengono calpestati anche per quanto riguarda la semplice gestione dei 2,50 euro che lo stato riconosce a ciascun 'ospite'. Nessuno di loro, stando a quanto risulta ai senatori, gestisce direttamente quel denaro. Hanno chiesto se ci fossero fatture, quali fossero le procedure ma il personale presente non ha saputo dare una risposta esaudiente. L'unica traccia conservata sono dei foglietti volanti con i nomi dei migranti e la spesa per le sigarette. "Tutte con lo stesso prezzo e per tutti. Come se tutti fumassero", specifica De Falco. "Ho chiesto poi di là ai ragazzi e 4 di loro non fumavano. Allora a uno di questi ragazzi, un egiziano di 19 anni e quindi minorenne nel suo paese - per cui secondo la Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 dovrebbe essere trattato da minore anche qui e non potrebbe stare lì dentro - mi ha detto che lui con quei soldi comprerebbe volentieri del cibo ma per farlo servirebbe il denaro proprio e non quello del pocket money, come viene chiamata la diaria".

I Cpr sono una spesa inutile per gli italiani

Al di là dei 2,50 euro quotidiani per i migranti, i Cpr per lo Stato italiano sono sicuramente una spesa: un investimento di denaro pubblico che non genera soluzioni ma nuovi problemi. "Si sono registrati, ancora una volta, anche casi di soggetti, entrati in salute e poi ammalatisi fisicamente e psicologicamente per le condizioni di vita nelle quali sono costretti a vivere", racconta a proposito De Falco, e non è difficile immaginare il perché. "Quel che più impressiona - afferma il senatore - sono le condizioni di degrado e abbandono del trattenimento, in una struttura e in condizioni quasi da 41bis, oltre al numero di persone affette da patologie incompatibili con quella situazione ma ritenute idonee a stare nel Cpr".

Oltre ai diritti non rispettati o all'assurdità che in un paese democratico e civile come l'Italia la gran parte della popolazione accetti pressoché in silenzio l'esistenza di luoghi come i Cpr, in secondo piano resta un dato molto significativo e chiarificatore: degli stranieri passati negli ultimi mesi dal centro di via Corelli pochissimi sono stati rimpatriati. "Nel 2021 - chiude il senatore pentastellato - abbiamo verificato che più o meno un terzo delle persone detenute erano state rimpatriate e che quindi il 60 65% delle persone alla fine venivano detenute senza scopo e poi liberate. Quest'anno è anche peggio. Il gestore mi ha confermato che da tre mesi non ci sono stati rimpatri". Cifre che la dicono lunga riguardo l'utilità di questi edifici. Centri come quello di via Corelli a Milano sono presenti a Bari, Brindisi, Caltanissetta, Gradisca d'Isonzo (Go), Macomer (Nu), Palazzo San Gervasio (Pz), Roma, Torino e Trapani. In ciascuna di quelle strutture il problema - per dirla con le parole di De Falco - è lo stesso: "La detenzione amministrativa, che resta un abominio".

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