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Covid sui luoghi di lavoro, Lombardia maglia nera: è la regione con più contagi e morti

I dati dell'Inail sui casi di coronavirus sul lavoro: Lombardia e Milano prime quasi in tutto

La Lombardia si conferma maglia nera per il covid. La regione è infatti in assoluto la più colpita per contagi, e morti, dovute a casi di coronavirus sui posti di lavoro. A certificarlo è l'ultimo report dell'Inail che sottolinea come "i contagi sul lavoro da Covid-19 denunciati alla data dello scorso 31 dicembre sono 131.090, pari al 23,7% delle denunce di infortunio pervenute all’Istituto nel 2020 e al 6,2% dei contagiati nazionali totali comunicati dall’Istituto superiore di sanità alla stessa data".

Casi covid sul lavoro, male Lombardia e Milano

L’analisi territoriale - sottolineato dall'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro - "conferma che le denunce ricadono soprattutto nel Nord del Paese: il 47,5% nel Nord-Ovest - prima la Lombardia con il 28,4% -, il 23,0% nel Nord-Est, il 13,8% al Centro, l’11,5% al Sud e il 4,2% nelle Isole".

E nella Lombardia "capolista" il record va a Milano: "Le province con il maggior numero di contagi da inizio pandemia sono Milano con l'11,1%, Torino (7,5%), Roma (4,5%", spiegano ancora da Inail, evidenziando che "la provincia di Milano è anche quella con il maggior numero di contagi professionali denunciati nel mese di dicembre". 

Più contagi vuol dire più vittime. "Limitando l’analisi ai soli casi mortali, la percentuale del Nord-Ovest sale al 51,3% - prima la Lombardia con il 37,6% - mentre il Sud con il 18,9% dei decessi precede il Centro (13,9%), il Nord-Est (12,1%) e le Isole (3,8%)". E ancora, altro dato che fa male: "Le province che contano più decessi dall’inizio della pandemia sono quelle di Bergamo (10,4%), Milano (9,2%), Napoli (6,6%), Brescia (6,1%), Roma (5,4%), Cremona (4,3%), Torino e Genova (entrambe 3,5%", rendono noto dall'ente nazionale. 

I lavori più colpiti

È sempre l'Inail a spiegare - a livello nazionale - quali sono i settori più colpiti. "Rispetto alle attività produttive coinvolte dalla pandemia, il settore della sanità e assistenza sociale - che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili - con il 68,8% delle denunce e un quarto (25,2%) dei decessi codificati precede l’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità - Asl - e amministratori regionali, provinciali e comunali), in cui ricadono il 9,1% delle infezioni denunciate e il 10,7% dei decessi". 

"Gli altri settori più colpiti sono i servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il manifatturiero (tra cui gli addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare), le attività dei servizi di alloggio e ristorazione, il commercio, il trasporto e magazzinaggio, le attività professionali, scientifiche e tecniche (consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale) e altre attività di servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere)", si legge nel report.

"L’analisi per professione dell’infortunato evidenzia la categoria dei tecnici della salute come quella più coinvolta da contagi con il 38,7% delle denunce (in tre casi su quattro sono donne), l’82,2% delle quali relative a infermieri, e il 10,0% dei casi mortali codificati. Seguono gli operatori socio-sanitari con il 19,2% delle denunce (l’80,9% sono donne), i medici con il 9,2% (il 48,0% sono donne), gli operatori socio-assistenziali con il 7,4% (l’85,1% donne) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,7% (tre su quattro sono donne)", specificano dall'ente. 

"Il restante personale coinvolto riguarda, tra le prime categorie professionali, impiegati amministrativi (4,1%, di cui il 68,9% donne), addetti ai servizi di pulizia (2,3%, il 78,3% donne), conduttori di veicoli (1,2%, con una preponderanza di contagi maschili pari al 91,9%) e direttori e dirigenti amministrativi e sanitari (0,9%, di cui il 45,8% donne)", concludono da Inail.

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