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Coronavirus

Secondo la Statale di Milano, il Covid attacca i centri nervosi della respirazione

Lo studio della Statale e del San Paolo

L'infezione da Covid può determinare, nei pazienti più gravi, la perdita di un riflesso "ancestrale", denominato "blink" in inglese, glabellare o di ammiccamento in italiano, grazie a cui chiudiamo istintivamente l'occhio in presenza di uno stimolo cutaneo sul sopracciglio. Un riflesso controllato da un centro nervoso situato in una parte molto profonda del sistema nervoso centrale, nota come tronco encefalico.

La scoperta, dovuta al dipartimento di Scienze della Salute della Statale di Milano e al Polo Universitario dell'Ospedale San Paolo, porta a ritenere che il virus del Covid intacchi proprio quella parte profonda del sistema nervoso, dove si trovano anche i centri di controllo della respirazione.

Secondo Davide Chiumello, direttore di Rianimazione al San Paolo e fra gli autori dello studio, nei primi pazienti Covid intubati erano state osservate «alterazioni respiratorie che non erano spiegate solo dalla compromissione degli scambi ma che potevano originare da alterazioni neurologiche del tronco encefalico». Di qui lo studio, appena pubblicato su "Journal of Neurology", che ha portato a concludere che il virus del Covid, in forma grave, impatta sui centri nervosi che controllano la respirazione.

Per studiare l'impatto sono stati studiati undici pazienti intubati con Covid, confrontati con undici intubati senza Covid e undici "di controllo", senza alcuna patologia, valutando per tutti il riflesso glabellare. Ebbene, come spiega Tommaso Bocci, coordinatore dello studio, «nei pazienti Covid il riflesso glabellare era gravemente alterato o assente indicando quindi una grave disfunzione dei circuiti del tronco cerebrale». L'osservazione, aggiunge Chiumello, porta a concludere che «l’alterazione respiratoria pur essendo in gran parte determinata dalla polmonite è amplificata da effetti della malattia sul tronco encefalico».

Le patologie polmonari dovute al Covid sarebbero quindi «la punta dell'iceberg» secondo Alberto Priori, direttore della Clinica Neurologica della Statale presso l'Ospedale San Paolo: «Si possono anche verificare danni neurologici correlati a questa malattia che in fase acuta sono mascherati dal quadro polmonare ed infettivo. Gli effetti neurologici dell’infezione hanno un decorso diverso nel tempo, forse più prolungato, che stiamo iniziando a studiare solo adesso».

Danni che nelle fasi acute sembrano essere mascherati dal quadro polmonare e infettivo. "Gli effetti neurologici dell'infezione hanno un decorso diverso nel tempo, forse più prolungato, che stiamo iniziando a studiare proprio adesso". È di poco tempo fa un altro lavoro portato avanti sempre dai ricercatori del dipartimento di Scienze della Salute della Statale al San Paolo e dall'Auxologico, che mostrato le eredità del Coronavirus sottoponendo test cognitivi a chi era stato ricoverato nei reparti Covid tra febbraio e aprile dello scorso anno. Persone fra i 22 e i 74 anni che non avevano nessun disturbo della memoria o dell'attenzione prima di ammalarsi o di finire in ospedale per colpa dell'infezione respiratoria. Il risultato? Il 60 per cento dei guariti dopo cinque mesi dalla dimissione ospedaliera aveva ancora un rallentamento mentale e ottundimento, il 20 per cento oggettive difficoltà di memoria. Uno strascico che ha colpito gli anziani come i giovani.

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