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Martedì, 16 Aprile 2024
Coronavirus

Coronavirus, test sierologici e tamponi: in Lombardia ci sono pazienti di serie A e serie B

La testimonianza del giornalista Rigano, che ha denunciato la storia di un'amica positiva ma in attesta del tampone per capire se fosse guarita e che intanto poteva già uscire di casa. Fontana stesso si è attivato per sopperire alle mancanze del sistema lombardo

La Lombardia è la Regione italiana più colpita dall'emergenza coronavirus. Vuoi per il suo ruolo di polo economico nazionale e internazionale, con la presenza sul territorio di tante realtà internazionali, vuoi per una serie di scelte che hanno peggiorato la situazione. Scelte come quella di mandare pazienti positivi nelle Rsa, scelte come quella di rimandare all'infinito la dichiarazione della Val Seriana, nella Bergamasca, come zona rossa. E ancora, scelte come quella di aver eccessivamente privatizzato la sanità negli anni, creando un modello che - e il paragone con la gestione della pandemia in Veneto ne dà evidenza - poi non ha permesso di reagire a dovere, con l'assenza, per esempio, di una medicina del territorio forte e capillare.

In questo contesto il racconto del giornalista Max Rigano su Facebook colpisce e aggiunge un tassello a questa gestione inadeguata, perché rivela due cose: il governatore Attilio Fontana e l'assessore al Welfare Giulio Gallera, i due attori principali nella gestione dell'emergenza, hanno due visioni e due modi di agire molto diversi tra loro; e sopratutto che il principio di uguaglianza tra pazienti, tra cittadini, non viene rispettato davanti al contagio sospetto da coronavirus.

La dipendente della Regione positiva al Covid in attesa di un tampone

Il giornalista racconta di aver segnalato privatamente sia a Fontana che a Gallera la denuncia di una sua amica che lavora proprio in Regione Lombardia. La donna si era sfogata con l'amico con questo messaggio: "Caro Max sai come funziona in Lombardia? Dichiarata da isolamento e poi libera, tutto senza alcuna prova, in base a dichiarazione telefonica spontanea. Per lui (il medico) dopo un mese di isolamento (da Covid) e 14 giorni senza altri sintomi (che ho dovuto dichiarare io al telefono neanche per iscritto) il 22 maggio sarò libera di andare dove voglio, senza fare il test, senza fare il tampone. E se io oggi al telefono alla domanda 'ha avuto altri sintomi' invece di dire 'no' avessi detto al mio medico: 'Dottore starnutisco', sempre sulla parola mi avrebbe dato altro due giri di isolamento. E se io avessi avuto altri sintomi ma mi fossi semplicemente rotta le scatole sarebbe bastato mentire e sarei stata libera come lo sono. Così vanno in giro le persone, da ieri (18 maggio, nrd)... È pazzesco".

Fontana chiama personalmente il giornalista e attiva le procedure

Ricevuto il messaggio, Rigano, che in passato ha anche lavorato in Regione, lo inoltra subito ai due uomini forti di Palazzo Lombardia. Come racconta di aver già fatto in passato con la storia di Veronica Rencricca (qui il suo racconto a MilanoToday). Lo fa aggiungendo questa frase con il presidente: "La signora è una mia amica e lavora in Regione Lombardia. Se fosse sua moglie o suo figlio?".

Dopo pochi minuti Attilio Fontana risponde chiedendo in quale città si trovi la donna. Passano circa trenta minuti e lo stesso Fontana telefona il giornalista: "Scusi Rigano - le parole del governatore - ma a me questa situazione non va proprio a genio. Questa persona deve avere un tampone se negli ultimi 14 giorni ha avuto sintomi o se è stata segnalata a una Ats. Mi può girare il numero di cellulare della signora?''. Così, dopo aver chiesto il permesso alla diretta interessata, Rigano gira il suo numero al presidente. Dopo altri trenta minuti l'amica del giornalista gli dà conferma: "Sono stata chiamata da Carlo Cassani, (capo ufficio stampa e portavoce dell'assessore al welfare, Gallera) il quale mi ha garantito che non devo essere io a pagarmi l'esame sierologico ed il tampone. Provvederanno loro a farmi chiamare e a farmi fare l'esame".

I cittadini non sono uguali davanti alla Sanità

"Racconto questa vicenda perché ci vedo una bella differenza con quanto mi era accaduto circa un mese e mezzo fa. Anche allora avevo girato un video di una ragazza che si autodenunciava. Una ragazza romana - Rigano parla di Veronica - di stanza a Milano. Rimasta bloccata a causa del lockdown ha postato un video su YouTube che ha fatto decine di migliaia di visualizzazioni. Un mese e mezzo fa avevo appunto girato il video all'assessore Gallera e al suo portavoce, chiedendo se potessero fare qualcosa per quella ragazza che non conoscevo e che abitava a Porta Romana. Avevo mandato il video e la richiesta direttamente sul cellulare dell'assessore Gallera. E avevo appunto raccontato, proprio qui su Facebook, il fatto della ragazza. Niente. Nessuna risposta. Da parte di nessuno. Mi sembrava importante che una sintomatica dichiarata, libera di circolare perché nessuna l'aveva visitata, potesse potenzialmente contagiare delle persone in città. Per questo mi ero sentito in dovere di avvisare l'assessore".

"A questo punto mi domando - il dubbio del giornalista - perché due così distinte reazioni? Perché nel caso di Veronica non s'è fatto nulla? E perché nel caso della seconda ragazza s'è deciso d'intervenire? Ammettiamo pure che sia dipeso da due fattori. La ragazza di ieri è una dipendente della Regione e chi ha segnalato il caso al governatore è stato un giornalista. Bastano per motivare due così diverse ed opposte reazioni? Gallera e il governatore Fontana, si parlano? Perché la politica è fatta anche di etica individuale. E qui ci sono due modi completamente diversi di agire". Il governatore, in qualche modo, ha cercato di sopperire alle mancanze del sistema sanitario lombardo interessandosi personalemente.

Fontana risponde e Gallera non lo fa

"Fontana ha sentito, e non è la prima volta, il bisogno di scrivermi quando gli ho chiesto cosa avrebbe fatto se fosse stato lui il padre di quella ragazza che ha scritto a me. Già nel caso di Marcos Cappato a Gennaio - la testimonianza di Rigano - mi aveva risposto a proposito della richiesta del ragazzo che chiedeva di poter essere aiutato ad avere un mezzo per andare a scuola essendo diversamente abile. 'Non dipende da noi, ma dal Comune', mi disse, facendola breve, nelle ore a ridosso dei tagli ai fondi per i disabili, decisi dal suo assessore Bolognini. Altro tenore, ma anche allora rispose. L'assessore al Welfare Giulio Gallera non ha mai trovato il tempo per rispondermi, neppure attraverso qualche componente del suo staff".

"Infine rimane un quesito grosso come una casa: se un comune cittadino - conclude con il suo lungo post Rigano - ha il timore di aver avuto o di avere in corso i sintomi del Covid, e dopo aver chiamato l'Ats o il suo medico di base, si senta dire che non ha diritto a fare né il siero né il tampone e che se lo fa è a suo carico, salvo che il siero risulti essere positivo, e posto che debba aspettare anche due mesi per fare il siero o il tampone, come si spiegano queste differenze? Come si spiega che in Lombardia non si tamponi o non s'indaghi con la sierologia almeno chi dice di avere i sintomi? Perché quello che appare evidente è che il principio di uguaglianza non viene rispettato se ad alcuni il tampone si fa e ad altri no. Cosi come appare altrettanto evidente che non siamo tutti uguali se chi ha un amico giornalista che ha il numero di cellulare del governatore della Regione riesce a fare il test; e chi invece non ce l'ha rimane senza. Perché tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. O no?".

Veronica, dopo due mesi è ancora in attesta: "Me ne vado via"

Dubbi e domande lecite, quelle del giornalista, che evidenziano come la gestione dell'emergenza in Lombardia abbia rimarcato e tirato fuori delle lacune importanti che fino a metà febbraio 2020 erano molto ben nascoste dietro allo slogan dell'eccellenza lombarda. Oggi, davanti alla pandemia, è chiaro che ci sono cittadini (pazienti) di serie A e di serie B. Dipende dalla fortuna. 

Come conferma l'esperienza di Veronica Rencricca interpellata nuovamente, alla luce dell'episodio denunciato da Rigano, da MilanoToday. La sua reazione non ha bisogno di commento alcuno: "Uno schifo", dice. "Io - spiega Veronica - ad oggi ovviamente ancora non ho mai avuto la possibilità di fare né un tampone né un sierologico. L'ultimo scambio di email che ho avuto con l'Ats risale a due settimane fa dove chiedevo, data l'imminente riapertura e dato che rientravo tra i casi segnalati dall'Ats nonché tra le prese in carico dell'Usca, la possibilità di avere il sierologico. Mi è stato risposto di no. Nonostante io abbia tutti i 'requisiti', mi continuano a dire no. Sono stata tanto male in questi mesi e non so neanche se sia stato covid o se magari ho qualcos'altro che necessita di cure e che io sto ignorando. Visto che sto ancora male con nevralgia vertigini e nausea. In due mesi mai contattata mai visitata mai curata... e mai mi faranno le analisi... Sto preparando il trasloco, torno a Roma almeno lì potrò avere le cure di cui ho bisogno". E come darle torto.

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