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Venerdì, 19 Aprile 2024
Coronavirus

La statistica del Coronavirus. Ottimisti con cautela, ma è meglio continuare a stare a casa

Ecco che cosa dice l'andamento dei contagi da Coronavirus in Italia e in Lombardia

I numeri giornalieri che fotografano la situazione del Covid-19 nella nostra Regione, snocciolati con cura ogni sera dall'assessore al welfare Giulio Gallera, raccontano solo una parte dell'emergenza Coronavirus. Rappresentano un semplice dataset che andrebbe riordinato, vagliato, esaminato con cura. Da chi? Dai medici, innanzitutto: che stanno in trincea e raccontano a che punto siamo con le medicine, i vaccini, i posti letto in terapia intensiva. Ma anche dagli statistici, dai matematici.

Le persone che vivono in Italia hanno capito la gravità della situazione e, con alcune eccezioni, affrontano sacrifici che attraversano la loro vita quotidiana e le loro abitudini; a loro va raccontata tutta la verità, e c'è invece il rischio che i numeri asettici, così snocciolati, non significhino granché. Ovviamente, infatti, ogni giorno i contagi aumentano, i morti aumentano e i guariti aumentano. Gallera, che dal punto di vista comunicativo si sta dimostrando un ottimo gestore dell'emergenza, ha affermato di aspettarsi, entro una settimana, il calo o il rallentamento della curva dei contagi. Le misure restrittive, insomma, come si sa non hanno un effetto immediato. Ma rispetto a una settimana fa, abbiamo più speranza o meno speranza? 

Nessuno può dare una risposta scientifica sulla speranza ma, se si analizza l'andamento dei numeri (consapevoli che si parla di persone, a migliaia), si può avere un abbozzo di risposta, da mettere alla prova giorno dopo giorno. Proviamo allora a vedere che cosa ci dice l'andamento del Coronavirus. In primo luogo dovremmo escludere il dato del 10 marzo, inattendibile perché la Lombardia ha tardato a inviare le cifre (mancavano tamponi dal Bresciano). Ma va subito detto che il dato del giorno dopo non è "esploso" come ci si sarebbe potuti aspettare, tranne appunto che in provincia di Brescia. Questo è interessante.

Prendiamo ora i numeri del 15 marzo. I casi positivi, in Lombardia, sono in tutto 13.272, ovvero 1.587 in più rispetto a sabato 14. In Italia sono 20.603, cioè 2.853 in più rispetto al giorno precedente. Attenzione, però. Da ormai tre giorni, la variazione italiana dei contagi rispetto al giorno prima è inferiore al +20%. Il 13 marzo (rispetto al 12) è stata di +16,9%; il 14 marzo di +19,8%; il 15 marzo di +17%. Escluso, come si è detto, il 10 marzo, non era mai stata, dal 25 febbraio, sotto il +20%.

Percentuali minori (seppure in un trend di crescita) si traducono in una curva lineare e non più esponenziale. Il Covid-19 cresce ancora, e non si vuol certo tacerlo, anzi, ma cresce meno che nei giorni precedenti. La scoperta di casi positivi dipende anche dal numero di tamponi effettuati, molti più di qualche settimana fa. In un solo giorno, il 15 marzo, ne sono stati eseguiti 15.729, il dato più alto di sempre; sabato 14, in Italia, ne erano stati eseguiti 11.682. Dall'11 marzo siamo sopra gli 11 mila tamponi al giorno. Focalizziamoci su domenica 15: con più tamponi eseguiti, rispetto al giorno prima, la percentuale di crescita dei casi positivi è stata inferiore a quella del giorno prima (cioè, i casi positivi sono cresciuti, ma meno di quanto avevano fatto il giorno prima).

La linearità della curva dà una certa speranza, anche se non ci stancheremo mai di aggiungere la necessaria cautela. Tanto per fare un esempio, però, un andamento esponenziale dal 14 al 15 marzo avrebbe portato a oltre 22 mila contagiati, anziché i 20.603. Duemila persone in carne ed ossa in più. E l'andamento è lineare, da diversi giorni, anche nelle dieci province con più contagi tranne la più "giovane" (cioè quella dove i casi positivi sono stati scoperti più recentemente), ovvero Pesaro-Urbino, che è ancora leggermente esponenziale. Lineare, invece, la crescita a Bergamo, Brerscia, Cremona, Milano e Lodi.

Su Brescia si era verificata una "impennata" della pendenza l'11, perché i tamponi in ritardo il giorno prima erano proprio bresciani. Su Lodi (come è noto) siamo già ad una linearità più bassa (ovvero, ad una retta con pendenza inferiore a prima). Un dato molto positivo, considerando che il Lodigiano è arrivato "prima" sui contagi e che lì si sono sperimentate prima le forme di restrizione oggi estese a tutta Italia.

A livello regionale, la stessa cosa sta accadendo in Lombardia e Veneto, le Regioni dove i contagi si sono verificati prima: la crescita è ora lineare. Non (ancora) così in Emilia Romagna e Marche. Nel complesso, la situazione fotografata dai numeri fa esprimere, con cautela, qualche speranza che almeno la curva non sia più esponenziale; e mancano ancora gli effetti delle restrizioni del 9 e 11 marzo, ovvero l'invito a restare a casa se non per estrema necessità e la chiusura dei negozi non necessari. Ci si può augurare che il trend prosegua, che la curva diventi sempre più "logaritmica" (cioè abbassi la sua pendenza fino a tendere a zero contagi al giorno).

Purtroppo restano altri problemi insoluti, tra cui il "quasi collasso" a cui sono sottoposti diversi ospedali della Lombardia, la carenza assoluta di medici, infermieri, mascherine, respiratori e letti di terapia intensiva, e così via. L'emergenza si combatte su più fronti: a noi "comuni cittadini" è chiesto di rispettare in pieno il distanziamento sociale come unica vera arma che possediamo per limitare la diffusione del Coronavirus. Gli italiani, salvo qualche eccezione, stanno rispondendo mediamente bene, accettando i sacrifici in nome di un principio più importante della passeggiata inutile di tre ore al parco, anche se una quota importante di loro sta perdendo lavoro e reddito (e stanno per arrivare misure economiche, si spera sufficienti). «Se avessimo mantenuto il ritmo dell'esponenziale che seguivamo prima dell'1 marzo (quella con un raddoppio di casi circa ogni 2 giorni) oggi avremmo un po' più di 300 mila infetti», scrive sulla sua pagina Facebook il medico milanese Mario Cigada, che è anche molto avvezzo ai modelli statistici e giornalmente sta analizzando il Coronavirus con i numeri e le previsioni.

Si può dunque essere ottimisti? Sì e no. Sì, considerando un successo la trasformazione della curva dei contagi da esponenziale a lineare. Non ancora, visti i problemi negli ospedali. E non ancora, se l'ottimismo portasse psicologicamente ad allentare i comportamenti virtuosi che stiamo mettendo in atto e che vanno proseguiti con costanza, senza "mollare" proprio adesso.

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