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Venerdì, 19 Aprile 2024
Coronavirus

Coronavirus: dopo tre mesi dal ricovero in ospedale, un terzo dei pazienti resta con la depressione

La ricerca del San Raffaele

A tre mesi dalle dimissioni, circa un terzo dei pazienti ricoverati per Covid-19 continua a soffrire di disturbi psicopatologici come depressione, ansia, insonnia e sindrome da stress post-traumatico. La depressione, in particolare, è quella che persiste maggiormente nel tempo e la sua gravità è strettamente legata all’intensità dello stato infiammatorio sistemico che segue le forme gravi di Covid-19, anche per mesi dopo la guarigione. E' il risultato di uno studio coordinato da Francesco Benedetti, psichiatra e direttore dell'unità di ricerca in psichiatria e psicobiologia clinica del San Raffaele, pubblicato su "Brain, Behavior and Immunity", come proseguimento di una ricerca pubblicata ad agosto 2020.

Lo studio è stato condotto su 226 pazienti presi in carico dall’ambulatorio di follow-up post Covid-19 istituito dall’Ospedale San Raffaele nel maggio 2020. L’ambulatorio prevede un percorso di controlli periodici con team multidisciplinari di medici internisti, infettivologi, neurologi, psichiatri, nefrologi e cardiologi, che si protraggono fino a sei mesi dopo la dimissione.

Un terzo riporta sintomi depressivi dopo tre mesi

Sulla base di interviste cliniche e questionari, sono stati esaminati i sintomi psichiatrici di 226 pazienti (149 uomini, età media di 58 anni) a distanza di tre mesi di follow-up dal trattamento ospedaliero per le forme gravi di Covid-19. Di questi, il 36% riporta sintomi di entità clinica nel questionario di auto-valutazione e il 24% rientra nei criteri DSM-5 a seguito della visita con lo specialista per almeno un disturbi maggiori tra depressione, ansia, stress post-traumatico e insonnia.

«A soffrire di più sono le donne e le persone con una precedente storia di disturbi psichiatrici, sebbene queste ultime siano anche quelle che hanno mostrato nel tempo il miglioramento maggiore, probabilmente perché hanno maggiore dimestichezza e disponibilità con le terapie, sia psicologiche sia farmacologiche», afferma Francesco Benedetti: «Ma la cosa più interessante dei dati raccolti è che confermano la stretta relazione tra risposta del sistema immunitario, stato infiammatorio e persistenza dei sintomi depressivi». La buona notizia? I pazienti con queste forme depressive risultano particolarmente "responsivi" alle terapie psicologiche e farmacologiche a disposizione.

Se ansia, stress post-traumatico e insonnia mostrano un miglioramento sostanziale nei tre mesi di follow-up, i sintomi depressivi sono risultati più persistenti nel tempo e in diretta correlazione con i valori dell’indice di infiammazione sistemica, che può rimane elevato per mesi dopo la guarigione dall’infezione acuta.

Depressione e infiammazione correlano anche con una ridotta performance neuro-cognitiva dei soggetti, che è una tipica conseguenza degli stati depressivi: parliamo di ridotte capacità di attenzione e di memoria, di coordinamento psicomotorio e di fluenza del linguaggio che persistono durante la lunga convalescenza dalla malattia e condizionano un generale rallentamento nella velocità elaborazione cognitiva.

Lo studio dà anche un messaggio positivo alle persone che hanno affrontato una forma grave di Covid-19 e che adesso soffrono di depressione: «Anche grazie al fatto che iniziamo a comprendere i meccanismi alla base di questi disturbi, le terapie a disposizione possono essere scelte in modo accurato e personalizzato, e risultano quindi particolarmente efficaci», conclude Benedetti.

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