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Come si curano oggi i tossicodipendenti a Milano

Come funzionano oggi i centri per disintossicarsi? E quali sono le differenze più eclatanti rispetto alla San Patrignano raccontata dalla serie Netflix? MilanoToday lo ha chiesto a chi combatte le droghe in prima linea

Un confine non sempre chiaro tra bene e male; un indistricabile intreccio di santità e dannazione; e anche uno spaccato su un mondo sconosciuto alla maggior parte delle persone, quello delle comunità per tossicodipendenti. Sono questi alcuni degli elementi che hanno sancito l'enorme successo della serie Netflix 'SanPa'. Ma come è cambiato il mondo della droga rispetto agli anni raccontati nel documentario? E come funzionano oggi i percorsi per combattere la dipendenza da sostanze? Per rispondere a questi interrogativi abbiamo ascoltato alcune persone attive in prima linea su questo fronte nella nostra città: Cristiano Bergamo di Cnca (Coordinamento nazionale comunità accoglienza); Rita Galizzi di Coop Lotta; e Alberto Barni di Ceal e Comunità Nuova.

La droga nella Milano della pandemia

A Milano nonostante l'epidemia di coronavirus ancora in corso lo spaccio non si è affatto fermato, riuscendo a riorganizzarsi in modo molto veloce. "In una prima fase di lockdown ci sono stati ritardi nella vendita - spiega Cristiano Bergamo, coordinatore di progetti sulle dipendenze dell'area riduzione del danno, limitazione dei rischi e prevenzione di Cnca -. Ma visti i forti interessi in ballo, si è subito corsi ai ripari. Quella della droga è una vera e propria industria e arriva anche prima delle altre a riorganizzarsi. Al momento visti i maggiori controlli delle forze dell'ordine, lo spaccio è più nascosto, spesso a chiamata, ma il fatto che non si veda non vuol dire che non ci sia più".

Naturalmente la pandemia ha generato conseguenze drammatiche sulla vita di tutti, ma per chi lotta contro la droga gli effetti sono stati spesso ancora più nefasti. L'anno appena trascorso, infatti, ha rappresentato una prova durissima per le persone in lotta contro la propria tossicodipendenza, che spesso si sono viste private di quella routine (e in alcuni casi del lavoro stesso) che per loro costituiva l'unica ancora di salvezza.

Tra psicofarmaci e micro dosi: come è cambiato il mondo degli stupefacenti

Le modalità di vendita su piazze come quella di Rogoredo hanno reso facilissimo l'accesso alle droghe pesanti, che vengono vendute in piccolissime dosi da pochi euro. Quella messa in atto in questa piazza, come chiarisce Bergamo, è una stata una vera e propria strategia di marketing, che è riuscita ad attrarre sia vecchi sia nuovi consumatori. Negli ultimi mesi, però, grazie alle azioni di contrasto delle nostre organizzazioni e delle forze dell'ordine, per fortuna questa piazza si è molto ridimensionata.

L'universo delle droghe è legato anche alle mode, nonché alla musica, basti pensare all'esplosione degli allucinogeni verso la fine degli anni '60, quando a renderli popolari furono proprio le rock star. Oggi la cultura trap, molto popolare tra i ragazzi, ha diffuso invece l'uso di psicofarmaci a livello ricreativo. Alcune sostanze psicoattive, poi, ultimamente sono più utilizzate perché i giovani riescono ad acquistarle online.

In generale, comunque, durante l'epidemia, tra i giovanissimi si è registrato un aumento nell'uso di sostanze, alcol in primis. "La sofferenza per questa situazione - sottolinea Alberto Barni, presidente Ceal e responsabile area dipendenze Comunità Nuova - è stata ancora più grande per i ragazzi che si sono visti privati della scuola e di occasioni di socialità in generale. Tante volte dobbiamo esplorare angoli che nessuno guarda, quelli dove i giovani si rintanano. Perché spesso non è più la piazza il luogo di consumo ma la casa stessa".

Il profilo dei tossicodipendenti a Milano

Uomini, italiani, di 35-40 anni. Questo il profilo tipo delle persone che fanno uso di droghe a Milano. I dati raccolti sui grandi numeri fino a settembre 2019 da Cnca registravano una fascia di età piuttosto alta, mentre i minori erano una presenza pressoché irrisoria, nonostante fossero proprio loro i protagonisti di molte notizie di cronaca locale legate alla droga.

Tra le persone tossicodipendenti che le associazioni di Cnca riescono a intercettare sul territorio cittadino, ci sono soprattutto vecchi utilizzatori, per lo più uomini di nazionalità italiana. "A Rogoredo, ad esempio - precisa Rita Galizzi, responsabile area dipendenze Coop Lotta - il 70% o più sono uomini italiani tra i 25 e i 55 anni. Quello delle donne rimane un consumo più sommerso, ma comunque diffuso. In generale, si può dire che il consumo non occasionale è più comune tra persone di sesso maschile".

La lotta alla droga e i percorsi per disintossicarsi

A livello di prevenzione in città ci sono diversi progetti che si svolgono anche nelle scuole coinvolgendo gli adolescenti. Tra le diverse attività, quella di 'welcome' è indirizzata a persone molto giovani, con cui si cerca di entrare in contatto nelle aree della 'movida', anche se ovviamente con le restrizioni imposte dalla pandemia, questo tipo di intervento ha assunto altre forme.

Tra i tossicodipendenti di Milano ci sono anche persone che ormai da anni vivono per strada e proprio questa realtà per le associazioni rappresenta il campo dove avviare percorsi di disintossicazione che poi possono continuare all'interno di una struttura. Questo a Milano succede, ad esempio, a Rogoredo, dove alcuni dei tossicodipendenti sono senzatetto. 'L'area di sollievo', realizzata nell'ambito del Progetto parchi, è un'opportunità molto utile in questo senso. Si tratta di uno spazio in cui queste persone possono iniziare a prendersi cura di sé, avendo un momento di tregua dalla vita di strada. Poi da lì è possibile che inizi un progetto terapeutico anche in comunità.

La vita nelle comunità e le differenze con 'SanPa'

"Nel sistema lombardo ci sono quattro tipologie di comunità - ci spiega Rita Galizzi, responsabile area dipendenze di Coop Lotta - quelle semi residenziali, ovvero i centri diurni che svolgono attività terapeutiche; quelle terapeutico residenziali, che hanno invece un'offerta terapeutica differenziata; e poi ci sono due tipologie di comunità specialistiche, le prime per chi usa più di una sostanza e le seconde per chi ha anche una diagnosi psichiatrica". Tutte queste comunità sono gratuite: l'accesso per le persone che vogliono disintossicarsi viene pagato dal sistema sanitario pubblico. 

Nelle parole dei nostri intervistati la prima comunità di San Patrignano viene descritta come un tentativo pionieristico, per molti versi molto discutibile, di salvare la vita a chi era caduto nella droga negli anni '70, un periodo in cui a causa dell'eroina si moriva in mezzo alla strada. Barni di Ceal e Comunità Nuova, ad esempio, evidenzia come oggi sia facile e automatico prendere le distanze rispetto alle situazioni critiche avvenute nel passato di quella comunità, ma fa anche notare che ancora oggi esistono aspetti problematici legati ai ruoli di potere all'interno delle strutture residenziali. Per questi motivi sarebbe sbagliato demonizzare 'SanPa' glorificando i centri nati a decenni di distanza.

Naturalmente ad essere cambiato è un intero paradigma. La violenza e la coercizione negli anni della fondazione di San Patrignano erano strumenti accettati non solo nelle comunità per tossicodipendenti ma in diversi ambiti della società, da quello domestico a quello, ad esempio, psichiatrico. 

Ad essere problematico però, come sottolinea Galizzi, nella 'SanPa' della serie è il fatto di considerare una figura carismatica come unico perno del processo di disintossicazione. Chi lavora nelle comunità ha invece molto chiaro come i protagonisti debbano essere gli stessi tossicodipendenti che, lungi dal sostituire la dipendenza da una droga con quella da una persona, devono imparare a dare valore a se stessi, riconoscendo le proprie fragilità.

Altro aspetto è quello della vita in comunità. A differenza che nella prima San Patrignano, la vita in comunità viene oggi intesa come un momento importante di sostegno che però poi deve essere superato nel nome di un ritorno a una vita normale. 

Nelle comunità di oggi 'porte sempre aperte'

Per fortuna gli anni della San Patrignano raccontata dalla serie Netflix sono molto molto lontani. E oggi non si ritiene più che quello della coercizione sia un momento necessario del processo per disintossicarsi dalla droga. 

Nei percorsi delle comunità Cnca viene messa al centro la persona, facendo leva sulle sue caratteristiche individuali, comprese le sue fragilità. Gli interventi sono in questo senso personalizzati. In questa prospettiva, anche la recidiva non viene vista come un tradimento, ma come una parte 'simbolica' del percorso.

"I cancelli delle nostre strutture sono sempre aperti e le comunità di oggi non sono più entità chiuse bensì realtà aperte e connesse con il territorio". Queste le parole di Barni. Le persone sono libere di abbandonare i percorsi di disintossicazione in ogni momento. Questa è una differenza abissale rispetto a 'SanPa'. Quella di aderire a una comunità e di restarci è diventata una scelta totalmente libera. 

"Anche le fughe - chiarisce Galizzi - non sono da colpevolizzare, così come il ritorno alle sostanze. In entrambi i casi si tratta di momenti simbolici su cui bisogna riflettere. I percorsi di disintossicazione vengono modellati sui bisogni del singolo individuo, anche per fare sì che la motivazione che ha spinto a intraprendere la disintossicazione venga mantenuta".

L'auspicio di chi oggi lavora nelle comunità e lotta in prima linea contro le droghe è che le attività delle associazioni non siano in balia di finanziamenti temporanei o scelte politiche. Questo sia perché spesso gli operatori sono l'unico appiglio che i tossicodipendenti hanno per cercare di lasciare la droga (e spesso anche la vita di strada) sia perché garantire assistenza e terapie è un servizio reso non solo a chi fa uso di stupefacenti ma a tutta la cittadinanza.

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