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Coronavirus, l'infettivologo Galli: i test rapidi per far ripartire le aziende bloccate dal virus

Galli durante il webinar “Pandemia e Risk Management: una questione etica, o di numeri?”

Il dibattito sull’efficacia dei test rapidi è ancora in corso, ma una cosa è sicura: la loro assoluta importanza nella lotta al Covid-19. È quanto ha sottolineato Massimo Galli, professore ordinario di Malattie Infettive dell’Università di Milano e direttore della III divisione di Malattie Infettive della ASST FBF/Sacco, durante il webinar “Pandemia e Risk Management: una questione etica, o di numeri?”, organizzato da ANRA – Associazione Nazionale dei Risk Manager.

Comprendere numeri e dati – si legge in un comunicato di Noesis – è indispensabile per poter analizzare obiettivamente lo scenario attuale e tracciare i possibili sviluppi futuri: se a marzo avessimo avuto la possibilità di fare 200.000 tamponi al giorno, come accade oggi, i casi di positività sarebbero probabilmente stati cinque volte superiori, e ciò avrebbe comportato una percezione decisamente diversa dell’ondata pandemica. Tuttavia, bisogna anche considerare che è cambiato il denominatore, dal momento che ad aprile solo i casi più gravi venivano testati mentre oggi il 30/40% è asintomatico. Secondo Galli, il tasso di mortalità reale del Covid-19 si attesterà infine intorno al 3%, in Italia come negli altri Paesi europei.

Galli sui test rapidi

Nonostante si discuta ancora sull’attendibilità dei test rapidi, Galli afferma di considerarli con estremo favore: la loro potenziale copertura è un beneficio che supera di gran lunga i dubbi sulla loro affidabilità. In un momento in cui il sistema sanitario è in crisi e non riesce più a tracciare tutti i casi, è fondamentale che aziende, scuole e uffici pubblici si attrezzino e si organizzino per controllare il proprio personale. Questa misura, coadiuvata dall’osservazione clinica per i casi dubbi, rappresenta una scelta virtuosa e vantaggiosa.

Galli ha ricordato come l’approccio scientifico insegni che una misura non può essere ritenuta efficace finché non si hanno prove certe dei suoi risultati. Non si può dunque essere sicuri che aperture e chiusure localizzate, che pur stanno dando qualche primo segnale positivo, avranno un effetto analogo a quello del lockdown primaverile. In ogni caso, non potremo permetterci un altro periodo di libertà come quello estivo, pena un nuovo aggravamento della situazione.

Istat: il 45% delle aziende italiane ha sospeso l’attività

Secondo l’indagine di Istat, presentata da Gian Paolo Oneto, Direttore per gli studi e la valorizzazione tematica nell’area delle statistiche economiche nel corso del webinar Anra, durante il blocco il 45% delle aziende italiane ha sospeso l’attività, il 41,4% dichiara un fatturato più che dimezzato, il 51,5% si aspetta una mancanza di liquidità per le spese correnti e il 38% segnala rischi operativi e di sopravvivenza.

Particolarmente difficile è la situazione delle piccole aziende, che spesso già facevano i conti una debolezza strutturale di base e la mancanza di strategie per il futuro, ed ora si trovano in una situazione di totale incertezza. “È importante, nell’ottica di una gestione del rischio attenta e ragionata, lavorare per costruire un sistema virtuoso ed organizzato su ampia scala, che permetta un’azione più incisiva nell’identificare in pochi minuti i casi di positività, contribuendo a circoscrivere i focolai e a definire quindi protocolli ragionati che possano garantire la continuità operativa”.

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