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Sabato, 20 Aprile 2024
Coronavirus

Un anno senza teatri: le sale riaccendono le luci. «Ci sia una data di riapertura irreversibile»

Trentasei sale a Milano, centinaia in Italia. L'appuntamento, simbolico, e le esigenze di un settore fermo da un anno

Un anno di teatri chiusi. Il 22 febbraio 2021, le porte si sono simbolicamente riaperte, i foyer e le sale illuminate, per testimoniare la voglia di vivere di un mondo dimenticato, accantonato dai Dpcm anti Covid, relegato ad "accessorio" non indispensabile della società, riaperto a metà luglio ma con regole rigidissime sulla capienza (tali da non consentire, in molti casi, un ritorno economico) e poi chiuso nuovamente, con la seconda ondata autunnale, fino a data da destinarsi.

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Nessuna zona colorata ha previsto finora la riapertura dei luoghi di spettacolo; nessuna eccezione oraria, nessuna strategia soprattutto: perché riaprire un teatro non è come riaprire un'altra attività: occorre pianificare e programmare l'attività, le produzioni, le prove, la promozione, la vendita dei biglietti.

Un anno di chiusura dei teatri

«Il teatro è di tutti. Ne sentiamo la mancanza, è spento». Con queste parole l'associazione Unita (Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo) ha chiamato a raccolta, per la sera di lunedì 22 febbraio, i teatri, gli attori, gli operatori e il pubblico, elemento fondante dello spettacolo dal vivo; e i cittadini, se si aderisce (e come non aderire, proprio a Milano) all'idea dello spettacolo come bene collettivo, di tutta la società, ben al di là dell'intrattenimento con cui talvolta è identificato.

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«Si indichi una data di riapertura irreversibile»

Alla fine le sale aderenti sono state centinaia in tutta Italia. Trentasei a Milano: dalla Scala ai teatri di periferia, a quelli parrocchiali. Tanti mondi che giocano "partite diverse" in "diversi campionati", ma in comune le serrande abbassate. «Chiediamo che il governo garantisca una data di riapertura e che questa sia irreversibile», afferma l'assessore alla cultura di Milano Filippo Del Corno all'esterno del Piccolo in via Rovello, subito dopo l'apertura delle porte. «Passavamo di qua, siamo in città a studiare da poco più di un anno e non abbiamo mai fatto in tempo a vedere aperti questi luoghi», aggiungono ai cronisti due studentesse straniere attirate dalle persone all'esterno durante una passeggiata in via Dante.

«A un anno di distanza dal primo provvedimento governativo che, come prima misura di contrasto al Coronavirus, intimava la chiusura immediata dei teatri nelle principali regioni del Nord, estendendo rapidamente il provvedimento a tutto il territorio nazionale nel giro di pochi giorni, Unita chiede al nuovo governo e a tutta la cittadinanza che si torni immediatamente a parlare di teatro e di spettacolo dal vivo, che lo si torni a nominare, che si programmi e si renda pubblico un piano che porti prima possibile ad una riapertura in sicurezza di questi luoghi», si legge in una nota dell'associazione.

Con l'hashtag ufficiale, #facciamolucesulteatro, si invitano coloro che hanno partecipato, all'esterno dei teatri, a condividere una fotografia, un video, una storia sui social network, per testimoniare l'amore per il teatro e lo spettacolo dal vivo, la voglia di tornarci al più presto. La voglia di esserci ancora: gli attori sul palcoscenico, i tecnici e i registi dove nessuno li vede, le maschere in mezzo agli spettatori mentre entrano ordinatamente. 

Ordinatamente, già: perché i tentativi di riapertura (qualche rappresentazione in autunno) hanno dimostrato che, nei luoghi di spettacolo, si fa e si vuole far le cose a regola d'arte: le mascherine, il distanziamento (purché non faccia crollare la capienza e il ritorno economico) in attesa che il Covid faccia meno paura, che i vaccini aumentino, che le cure funzionino meglio. D'altra parte, dicono tutti gli operatori, se si può stare un'ora al ristorante senza mascherina, perché non si può stare un'ora a teatro con la mascherina?

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