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Coronavirus

I 7 ospedali milanesi in "situazioni critiche": attese anche di un'ora per le ambulanze

I dati di Soreu metropolitana, che riceve le chiamate al 118: "Milano l'area più problematica"

Pieni, in affanno, con il personale chiamato di nuovo a combattere una battaglia che spaventa, che fa paura. In poche parole, per usare quelle di chi questa emergenza è chiamata a gestirla: "In situazioni critiche". La seconda ondata di coronavirus sta colpendo forte Milano - che a marzo era riuscita quasi a defilarsi, ad evitare la "valanga" - e gli ospedali di tutta la città metropolitana iniziano a fare i conti con uno sforzo difficile da sopportare e da portare avanti. 

Ad alzare la soglia d'allarme questa volta è la Soreu metropolitana, il centralino che riceve tutte le telefonate al 118 per il territorio meneghino e per quello di Monza e Brianza e che quindi inevitabilmente ha bene in mano il polso della situazione. Alle 18 di giovedì pomeriggio - quando erano state prese già oltre 2mila richieste d'aiuto - sette ospedali milanesi venivano segnalati in "situazioni critiche di iperafflusso". 

Attese anche oltre l'ora per le ambulanze

La lista, nella quale va aggiunto l'ospedale di Saronno, è lunga: Irccs Policlinico di Milano, Irccs San Raffaele, ospedale di Rho, ospedale Sacco di Milano, ospedali San Carlo e San Paolo di Milano e ospedale di Cernusco.

"Il tempo medio di sosta in pronto soccorso dei mezzi Areu negli ospedali dell'area Metropolitana è stato di 36 minuti nel pomeriggio di giovedì", hanno spiegato ancora i soccorritori, sottolineando che in una missione su dieci l'attesa si è dilatata oltre l'ora. E il motivo di questa nuova criticità, di questo iperafflusso è chiaro: "Si assiste - si legge nel bollettino - ad un incremento relativo degli accessi per motivi respirativi e infettivi, 41%", con un +34% rispetto alla situazione alle 16 del giorno precedente. 

L'allarme dal Sacco

Che qualcosa stesse iniziando a scricchiolare, che fosse necessaria cautela, lo avevano già lasciato intendere dal Sacco di Milano. 

Il primo era stato Maurizio Viecca, primario di cardiologia: "Gli ospedali di Milano sono al collasso, non c'è più posto per i pazienti. Avanti così, si rischia di morire in ambulanza o in casa, come accadeva in primavera", era stato il suo grido d'allarme. 

Poi, dopo di lui, era stato il turno del responsabile di malattie infettive, Massimo Galli, coinvolto in una lite verbale con il collega del San Raffaele, Alberto Zangrillo, convinto che poi la situazione non sia così preoccupante. "L'ospedale a oggi ha attivato oltre 300 letti per il ricovero Covid. Abbiamo già riconvertito di tutto e di più. L'ortopedia non è più un'ortopedia, ma è un reparto covid per capirci", aveva spiegato. 

E ancora: "Abbiamo già riconvertito tutto quello che si poteva riconvertire, a 30 letti al giorno, per arrivare all'attuale situazione e probabilmente non basterà. La situazione è decisamente pesante. Anche per sostenere gli sforzi di tutti i collaboratori, dico che stiamo tenendo duro e anche parecchio. Ma più di tanto non puoi tirare la corda, perché rischia di spezzarsi".

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