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Coronavirus

Covid e scuola, i pediatri contro le norme di Regione e Ministero: «Inapplicabilii»

Sotto accusa il divieto di visita ai pazienti con sintomi e le certificazioni senza diagnosi

I pediatri lombardi denunciano le difficoltà a cui si rischia di andare incontro con la riapertura delle scuole, stando alle norme (definite «inadeguate e farraginose») sull'emergenza covid e la prevenzione. A prendere posizione è il Simpef, il sindacato medici pediatri di famiglia, con il suo segretario nazionale Rinaldo Missaglia, che ha inviato una serie di documenti sia al Ministero della Salute sia all'assessorato al Welfare della Lombardia.

Tra le norme sotto accusa, quella che impone al pediatra di non visitare il paziente i cui genitori hanno segnalato sintomi simil-influenzali. Secondo le varie delibere regionali, nonché i documenti del Ministero e dell'Istituto superiore di sanità, il pediatra deve "monitorare a distanza" e imporre l'isolamento domiciliare, segnalando il caso "sospetto" ai portali dedicati, con la richiesta di effettuare il tampone nasofaringeo. E, in attesa del risultato del tampone, il pediatra deve imporre l'isolamento coatto domiciliare ai genitori e agli altri eventuali conviventi del paziente.

«Sbagliato impedire di visitare il paziente»

«Già in questi giorni la richiesta di assistenza per sintomi simil-influenzali sta aumentando, come da abituale epidemiologia stagionale, e la norma che di fatto impedisce al pediatra di visitare il paziente presso il proprio studio e di doverlo sottoporre alle procedure di isolamento, per sé e per i propri famigliari, è motivo di forte tensione e spesso di contenzioso nel rapporto medico/paziente (ossia i genitori)», scrivono Rinaldo Missaglia e il segretario lombardo del sindacato, Ezio Finazzi, all'assessore al Welfare di Regione Lombardia, Giulio Gallera, e al direttore generale dell'assessorato, Marco Trivelli.

Certificazione senza diagnosi

Un'altra norma contestata è quella che riguarda le certificazioni di stato di salute per il rientro a scuola, così come le attestazioni di avvenuto rispetto delle procedure anti covid-19 da parte del genitore, che i pediatri di famiglia dovrebbero rilasciare ai propri assistiti. «Il rilascio di tali certificazioni - scrivono i sndacalisti dei pediatri - è ad assoluto rischio di inosservanza delle norme medico legali cui ogni professionista deve deontologicamente potersi riferire. In assenza di strumenti diagnostici o almeno anamnestici che ci permettano di affermare in scienza e coscienza l’assenza di contagiosità del soggetto cui assicuriamo assistenza, la certificazione richiesta non può essere rilasciata secondo prassi deontologicamente corretta».

Il sindacato chiede quindi di ripensare queste norme e procedure, coinvolgendo i pediatri negli organi decisionali, che siano i comitati tecnico-scientifici o i gruppi di approfondimento.

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