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Coronavirus

"Nonostante crescita contagi covid, a Milano aumenta prostituzione": l'appello di Caritas

A dirlo il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti, che chiede ai clienti una "maggiore responsabilità"

Nonostante la situazione dei contagi da coronavirus si sia aggravata, a Milano la prostituzione non si ferma. A denunciarlo il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti, che in vista della  giornata europea contro la tratta di esseri umani afferma: "La paura del Covid non sta fermando la domanda di sesso a pagamento sulle strade di Milano".

Il direttore dell'ente da una parte invoca "l'offerta di alternative vere alle donne prostituite" e dall'altra chiede ai clienti delle prostitute, che finiscono in strada spesso non per propria scelta, di essere più responsabili.

Prostituzione per le strade di Milano anche con l'aumento di casi 

Nel 2020 le operatrici e i volontari dell'unità di strada Avenida di Caritas Ambrosiana, a fronte di un numero medio di 300 donne incontrate ne 2019, hanno intercettato 135 vittime di tratta durante le loro uscite notturne due volte la settimana lungo la circonvallazione nord di Milano. Tuttavia nel mese di settembre le donne incontrare sono state 45, mentre nello stesso mese dell'anno precedente erano 52. All'incirca la metà delle donne individuate è di nazionalità romena, seguono poi albanesi e nigeriane.

"Appena è finito il lockdown - continua Gualzetti - sono ricomparse sulla strada le donne e i loro clienti.  Le nostre operatrici ci raccontano che le presenze sulle strade di Milano e hinterland sono tornate ai livelli precedenti al blocco deciso questa primavera e non accennano a diminuire nemmeno in questi giorni in cui i contagi sono tornati a salire. Le donne, soprattutto romene, sono spinte da una forte necessità economica e non riescono a trovare alternative reali per tagliare i ponti con i loro sfruttatori, per cui accettano il rischio di ammalarsi. Ciò che sorprende di più è però l'atteggiamento dei loro clienti che paiono indifferenti non solo alle condizioni di sfruttamento in cui si trovano queste donne, ma anche al pericolo di esporre loro stessi e le loro famiglie al virus".

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