Smart working, secondo il 30% dei dipendenti del comune di Milano aumenta la produttività
Il comune di Milano ha fatto il punto sul periodo trascorso in smart working. Ecco i dati
Dipendenti comunali in smartworking per l'emergenza Coronavirus. E per Palazzo Marino è tempo dei primi bilanci. Per l’85% dei lavoratori è stata un’occasione per sperimentare un nuovo modo di approcciarsi al lavoro e per il 72,5% questa esperienza ha favorito e agevolato l’acquisizione di nuove competenze. Il 66,8% ritiene che la propria produttività sia rimasta uguale al lavoro svolto in presenza e il 30% di questi dichiara che è addirittura aumentata. Non mancano certo alcuni aspetti da migliorare: il 44% percepisce la mancanza di contatto e socializzazione con i colleghi e il 37,3% denuncia la mancanza di dispositivi adeguati.
I dati sono emersi dalla ricerca condotta dall’Amministrazione sul Lavoro Agile Straordinario (Las) svolto dai dipendenti del Comune di Milano e presentata alla stampa dagli assessori Cristina Tajani (politiche per il lavoro, attività produttive e risorse umane), Roberta Cocco (trasformazione digitale e servizi civici) e Lorenzo Lipparini (partecipazione, cittadinanza attiva e open data) e commentata da Maurizio Del Conte, Professore di diritto del lavoro dell’università Bocconi.
La ricerca ha coinvolto 5.795 dipendenti comunali sugli oltre 7.300 che hanno sperimentato il lavoro agile dal 9 marzo al 23 giugno in occasione della fase 1 e fase 2 dell’emergenza sanitaria su un totale di circa 15mila complessivi (tra i quali 3.500 sono insegnanti e 3.500 polizia locale). L’indagine è la prima analisi del genere condotta su un campione più che rappresentativo. Hanno risposto al questionario in prevalenza le donne (65% dei partecipanti). Dato sostanzialmente in linea con la popolazione comunale attualmente in Las (60% donne - 40% uomini) e con la prevalenza del genere femminile del personale dipendente. Il 41% svolge un lavoro di tipo amministrativo, di staff o gestionale all’interno della macchina amministrativa, mentre il 13% attività di controllo del territorio e polizia locale; l’11% svolge attività tecnica; il 6% di coordinamento e controllo; il 5% nella cultura; un altro 5% è attivo nel front office e ancora un 5% nell’ambito socioassistenziale.
Significativo il grado di soddisfazione espresso dai dipendenti che hanno risposto all’indagine e che risulta decisamente alto, in tutte le direzioni dell’Amministrazione: in una scala da 0 a 10, la media risulta pari a 7,7 e per nessuna direzione è inferiore a 6. Il grado di soddisfazione risulta inversamente proporzionale all’età del singolo lavoratore. Sono i più giovani quelli che apprezzano maggiormente il lavoro agile e la possibilità di cimentarsi in processi digitali che consentono di ottimizzare il tempo lavorativo avendo così maggior tempo libero da dedicare a sé stessi.
Se il 72,5% dichiara di aver vissuto lo smart working come occasione di crescita delle proprie competenze e capacità, il 91% ha sviluppato una maggiore abilità informatica e tecnologica; il 63% dichiara di aver visto incrementare le proprie conoscenze tecniche e organizzative per la propria mansione. Per l’80,9% infine rilevante è stata anche la possibilità di "continuare a sentirsi parte attiva nelle attività dell’Ente" e per l’80,1% il confrontarsi e rapportarsi in maniera positiva con il proprio gruppo di lavoro.
Non mancano certo le criticità e aspetti sui quali l’amministrazione dovrà intervenire. Significativa infatti è stata la segnalazione di un accumulo di stress derivante dalla mancanza di una netta distinzione fra tempo di lavoro e tempo di vita, che apre il tema del diritto alla disconnessione soprattutto nella forma intensiva dell’home working dispiegata durante il periodo del lockdown e della permanenza a casa.
La ricerca ha fatto emergere anche alcuni auspici da parte dei dipendenti. Oltre il 34% spera che il lavoro agile possa essere una modalità operativa sempre più presente anche dopo l’emergenza Covid-19, con modalità non continuativa, ma alternata al lavoro in sede. Una dimensione che per il 6% dei lavoratori significa anche ripensare il proprio ambiente domestico (dotandosi di una postazione di smart working) che si condivide con il nucleo familiare.