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Coronavirus, "tamponi anche a chi è un po' alterato": polemica sulle parole di Gallera

L'assessore al welfare dice la sua sulla gestione dei tamponi, ma Majorino non ci sta

Esplode la polemica sui tamponi per il Coronavirus in Lombardia. Tutto nasce dalle parole pronunciate dall'assessore al Welfare, Giulio Gallera, durante il consueto punto stampa di lunedì sera. 

"Lo facciamo a quelle persone che fanno parte del sistema sanitario nazionale e quindi devono lavorare per noi. Un medico se non è positivo non si deve fermare, se è positivo invece rischia di infettare le altre persone", ha risposto l'assessore a precisa domanda del collega Davide Caparini. 

E ancora: "La regola è che nei settori di pubblica utilità e per gli operatori sanitari facciamo i tamponi, a tutti i medici di medicina generale e a tutti quelli che lavorano negli ospedali quando hanno una condizione che ci induce a credere sia importante farlo". Quindi un passaggio sui "normali" cittadini: "Chiediamo di stare a casa. Chi ha solo un raffreddore si fa fare un certificato dal medico e sta a casa, e legittimato a stare a casa in malattia e lo teniamo monitorato. Se le sue condizioni diventano non dico preoccupanti ma anche un po' alterate - ha concluso Gallera - è il medico di medicina generale che vi manda a fare il tampone tutelandovi rispetto a questo". 

Tamponi per il Coronavirus, la polemica su Facebook 

Proprio quest'ultima frase, però, non è piaciuta a molti. Ad accendere la miccia è stato Piefrancesco Majorino, eurodeputato ed ex assessore alle politiche sociali di palazzo Marino. "Ma davvero Gallera ha detto in conferenza stampa che in Lombardia si fa tampone anche a chi è leggermente alterato? A me non pare proprio...", ha scritto a caldo sul suo profilo Facebook. 

E poi, pochi minuti dopo, ribadendo il concetto: "Una palla pazzesca. Non è vero che a chi è 'leggermente alterato' fanno il tampone. Se le cose son cambiate lo spieghi - ha chiesto Majorino -. Sarà la stanchezza di Gallera o questo eccesso comunicativo che alla fine genera un gigantesco e continuo caos".

E sotto il post dell'ex assessore comunale si sono registrati decine e decine di commenti di cittadini milanesi che hanno denunciato situazioni molto al limite, praticamente tutte identiche tra loro: un parente, un familiare, un conoscente a casa con febbre, tosse e tutti i sintomi riconducibili al Coronavirus, ma mai sottoposto al tampone. 

"Sono le linee guida dell'istituto superiore di Sanità"

Poco dopo sotto quello stesso post è intervenuto anche Gallera: "Io non racconto mai le palle - ha scritto l'assessore, evidentemente contrariato -. Mi spiace questa tua uscita scomposta, non vorrei che fosse dettata dalla necessità di visibilità. Oggi ho raccontato il contenuto della delibera che abbiamo approvato oggi che perfeziona l’attività di presa in carico e monitoraggio sul territorio dei cittadini fragili e di tutti quelli che hanno sintomi anche lievi che potrebbero delineare la presenza dell’infezione di coronavirus - ha chiarito Gallera -. Abbiamo previsto che i medici di medicina generale debbano, attraverso il contatto telefonico e la telemedicina, monitorare e controllare lo stato di salute dei propri pazienti, soprattutto di coloro che presentano anche sintomi deboli, e qualora ravvisano una situazione di criticità prevedere il tampone per costoro oltre all’isolamento anche in alberghi o strutture dedicate". 

"Questo è quello che ho detto - ha continuato l'assessore al Welfare -. Oggi i tamponi si fanno come prevedono le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità ai pazienti che arrivano in pronto soccorso con una sindrome da infezione polmonare". 

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