rotate-mobile
Coronavirus

Coronavirus, medici per curare i positivi a casa: "A Milano solo 8 su 65 squadre richieste"

Oltre cento sindaci scrivono ad Ats e regione. Sul tavolo anche la questione "Usca". I fatti

Il numero, basso, decisamente basso di "Usca" in azione. I dispositivi di protezione individuale che mancano e continuano a mancare. E la richiesta di tamponi per verificare che chi è guarito lo sia realmente. 

Oltre cento sindaci della città metropolitana di Milano - tra civici, esponenti di centrosinistra e di centrodestra, Lega esclusa - hanno inviato martedì mattina una lettera al direttore generale di Ats Milano, Walter Bergamaschi, e all'assessore Giulio Gallera, in cui "chiedono un potenziamento della rete di sorveglianza territoriale" come arma, fondamentale, per contenere l'emergenza Coronavirus.

La prima questione sul tavolo riguarda le "Usca", le "unità speciali di continuità assistenziale" istituite per decreto dal governo affinché curino a domicilio i pazienti Covid o i presunti positivi non ancora sottoposti a tampone. 

La lettera completa e tutti i firmatari

"Troppe poche Usca in Lombardia"

"Regione Lombardia ha previsto, attraverso la delibera 2986 del 23 marzo 2020, l’istituzione di Unità Speciali di Continuità Assistenziale nel quadro di una sorveglianza sindromica in grado di coprire almeno il 4% della popolazione di ogni distretto e considerando che “ogni Usca può gestire di norma 20 accessi domiciliari nelle 12 ore”. Alla luce della popolazione residente, nella Città Metropolitana di Milano dovrebbero essere operative 65 Usca, mentre risulta che - per tutta l’Ats di Milano (comprendente anche Lodi) - ne siano state attivate solamente 8 alla data del 3 aprile", mettono nero su bianco gli amministratori locali, Beppe Sala in testa.

"È del tutto evidente che, con questi rapporti ogni Unità dovrebbe farsi carico di bacini di oltre 400.000 persone, rendendo di fatto inattuabile la fondamentale sorveglianza territoriale che l’epidemia da Covid-19 richiede. Più in dettaglio, infatti, riducendo la platea dei pazienti interessati ai soli positivi secondo gli ultimi numeri forniti da ATS, ogni USCA dovrebbe monitorare addirittura 1.600 casi".

E ancora, altro problema: "Molto spesso i medici di medicina generale trovano poco chiare le modalità di attivazione e, quando le Usca vengono rese operative, gli interventi non sono tempestivi e spesso non se ne riceve nessun tipo di riscontro". 

“Questo quadro - si legge nella lettera - denota da un lato la grande fatica di tutto il sistema di sorveglianza sul territorio, dall’altro il suo inadeguato livello di coordinamento". 

La fine della quarantena

"Siamo inoltre preoccupati – proseguono i sindaci - dal fatto che proprio in questi giorni stanno scadendo le quarantene di numerosi pazienti. La riammissione di tutte le persone messe in quarantena, infatti, è basata su un criterio assolutamente generico e soprattutto la ripresa dell’attività lavorativa, avvenendo senza una verifica, espone ad un reale pericolo di contagio, non soltanto in ambiente sanitario, con la possibilità di un secondo picco epidemico”.
 
Quindi, ecco le cinque richieste dei sindaci alla regione: "Rafforzare con urgenza la rete delle Usca, garantendone almeno una per ambito territoriale, dotandole di adeguato personale ed investendo sulla loro stretta connessione con i medici di medicina generale"; "garantire ai medici di medicina generale i dispositivi di protezione individuale necessari e di dotazioni strumentali, quali i saturimetri, quanto mai indicati per lo screening ed il monitoraggio dell’epidemia"; "chiarire in modo definitivo le modalità di accesso al tampone per i pazienti". 

Poi, proprio in tema di tamponi, "effettuare i tamponi per il Covid-19 a tutte le persone che hanno terminato la quarantena, comprendendo anche i sospetti positivi, in modo da verificarne l’effettiva guarigione e la possibilità di riammissione" e infine "procedere a un’ulteriore fornitura di mascherine a favore dei cittadini, alla luce del fatto che la precedente spedizione ai comuni non ha coperto tutta la popolazione e che probabilmente dovremo indossare questi DPI anche nelle prossime settimane".

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Coronavirus, medici per curare i positivi a casa: "A Milano solo 8 su 65 squadre richieste"

MilanoToday è in caricamento