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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Il caso del falso reportage sulla ‘ndrangheta venduto a mezzo milione

Quattro le persone indagate per truffa in concorso, tra cui il noto giornalista David Beriain

Un articolato reportage-inchiesta sulla 'ndrangheta trasmesso in tv sul canale Nove. Peccato fosse tutto falso. Dopo la scoperta della truffa, costata all'emittente quasi mezzo milione di euro, ora risultano indagate quattro persone, tra cui anche il noto giornalista spagnolo David Beriain.

Nei guai anche altri due residenti in Spagna e un uomo residente in Italia, accusati di aver venduto alla società Discovery, incassando 425mila euro, un documentario dedicato alla ‘ndrangheta fingendo che le situazioni filmate fossero realmente accadute, con alcuni reporter infiltrati sotto copertura, quando in realtà era tutta una messinscena con attori scritturati ad hoc.

Giovedì mattina, all'esito delle indagini sulla vicenda, la Procura milanese ha emesso avvisi di garanzia nei confronti dei quattro presunti impostori, che ora dovranno rispondere dell'accusa di truffa in concorso. Il documentario intitolato Clandestino e andato in onda nel novembre 2019, infatti, non sarebbe altro che un'accurata recita. 

Secondo gli investigatori, l'inchiesta, del celebre giornalista spagnolo Beriain, invece di coinvolgere autentici appartenenti alle 'ndrine, come gli autori volevano indurre a credere, avrebbe invece visto attori recitarne il ruolo.

Le indagini, condotte dal nucleo operativo della compagnia di Milano Porta Magenta, sono scattate dopo che un carabiniere guardando il reportage in tv aveva riconosciuto un edificio, che gli autori indicavano come il luogo dove abitualmente la ‘ndrangheta raffinava la cocaina importata a Milano prima di metterla in vendita sul mercato nero, ma che in realtà non lo era affatto: si tratta di un normale palazzo di via Bari, zona Barona.

L'indagato residente in Italia è un 53enne italiano pregiudicato per reati di corruzione, favoreggiamento, accesso abusivo a sistema informatico e rivelazione di segreto d’ufficio. Mentre gli altri presunti truffatori, oltre al giornalista, sono una 43enne e un 33enne, residenti in Spanga e responsabili di una società di produzione di documentari.

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