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Perché in un'aiuola di Milano ci sono dei fiori in gabbia

L'installazione, provocatoria, di Biancoshock e Francesco Garbelli

Chiusi in gabbia, senza aria. Senza spazio. In un'aiuola di Milano sono apparsi dei fiori "in catena", accompagnati da un cartello che ringrazia "per la cura" del verde una misteriosa azienda. Si tratta, in realtà, della seconda installazione degli urban artist meneghini Francesco Garbelli e Biancoshock, che dopo aver lasciato in giro per la città dei fiori obesi hanno deciso di continuare a giocare proprio con i fiori nella loro serie “Apocalypse Trilogy". Un'insieme di opere che affrontano "tematiche legate all’era della globalizzazione, del consumismo e dell’imminente disastro ambientale". 

Fiori in gabbia a Milano

Il secondo intervento, spiegano gli artisti, "si intitola Engulf & Devour, che significa trangugia & Divora: centinaia di fiori vivono, o meglio sopravvivono, imprigionati in gabbie arrugginite. L’immagine di questi fiori ammassati uno sull’altro, privati del loro spazio vitale, richiama inevitabilmente il tema degli allevamenti intensivi o dei famigerati wet market e del loro modus operandi.  Più in generale l’installazione si configura come metafora di un certo modo, peraltro dominante, d’intendere l’economia, laddove si continua a sostenere la causa di una crescita infinita che si pone in netto contrasto con la corretta percezione del nostro pianeta e della sua natura che è quella di un mondo finito". 
 
"L’area di verde pubblico in cui sono posizionate le gabbie è, infatti, curata dalla Engulf & Devour, il cui motto, Our fingers are in everything, stigmatizza quegli 'ideali' che spesso sono alla base di grandi aziende multinazionali simili a questa e realmente esistenti", chiariscono Garbelli e Biancoshock. 

Rispetto alla prima installazione, “Super Size Flowers”, in cui gli artisti chiamavamo in causa il padre di tutti i fast food, la "Engulf & Devour è un’azienda frutto della fantasia, citazione diretta del celebre 'Silent movie' di Mel Brooks. Nel film la Engulf & Devour è una società che vuole annettersi, utilizzando qualsiasi mezzo, una casa di produzione cinematografica per assicurarsi il monopolio della comunicazione; è singolare come in questo contesto, pur mantenendo intatta la sua carica ironica e dissacratoria - concludono gli urban artist -, assuma significati più universali e contemporanei offrendo nuovi spunti di riflessione su argomenti recentemente affrontati, senza concrete soluzioni, durante la recente Cop26".

I fiori obesi in un'aiuola di Milano

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