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Giovedì, 25 Aprile 2024
Attualità Duomo / Largo Augusto

H&M chiude a Milano, lavoratori trasferiti ad Ancona (e non solo): "Non ci fanno rientrare"

La denuncia dei sindacati. Giovedì pomeriggio protesta sotto la sede meneghina del gruppo

Un lockdown infinito, quasi eterno. Per qualcuno "l'isolamento" causa emergenza coronavirus non è ancora finito. A essere "reclusi" in un presente senza lavoro e senza risposte sono i 70 dipendenti di due negozi meneghini di H&M, colosso del fast fashion, che non sono mai entrati nella "nuova normalità" post epidemia perché loro in realtà al lavoro non ci sono mai tornati. I loro store - quello di Lima e di via Torino - non hanno infatti mai più riaperto e il loro futuro è quanto mai appeso a un filo. 

Per questo giovedì pomeriggio i dipendenti, riuniti sotto le sigle sindacali Filcams Cgil e Uil Tucs, hanno deciso di protestare davanti alla sede meneghina del gruppo - che si trova in Largo Augusto - al grido di "vergogna, vergogna". A far arrabbiare i lavoratori, oltre all'assoluto silenzio sulle loro sorti, sono soprattutto le proposte di trasferimento che sono arrivate nei giorni scorsi dalla casa madre per scongiurare i licenziamenti. 

I sindacati, in una nota ufficiale, parlano senza troppi giri di parole di "intimazione ai lavoratori di trasferimenti immediati presso negozi fuori la provincia di Milano" arrivata dall'azienda "senza passare per un confronto con le organizzazioni sindacali e senza tenere in considerazione le difficoltà degli stessi lavoratori", che pure sarebbero disponibili a uno "sforzo". I dipendenti - proseguono le sigle - "sono consapevoli che la chiusura di due negozi e le conseguenti ricollocazioni comportano sacrifici, tuttavia riteniamo i trasferimenti intimati dall’azienda pretestuosi" perché da H&M sarebbero arrivate offerte di ricollocazione in "alcune località non raggiungibili, a titolo esemplificativo e non esaustivo a Novara, Vigevano, Ancona, Desenzano". 

Dietro queste proposte, sempre stando a quanto denunciano Cgil e Uil, si nasconde "una evidente strategia dell’impresa - che a Milano ha altri 15 negozi - di voler non solo mettere in difficoltà i lavoratori, ma anche di non voler mettere gli stessi in condizione di poter tornare a svolgere la propria attività dando loro stabilità".

"I lavoratori di H&M vogliono poter tornare a lavorare. Chiediamo ricollocazioni dignitose e raggiungibili - hanno sottolineato nuovamente i sindacati giovedì al presidio -. Chiediamo all'azienda di ritirare immediatamente i trasferimenti e aprire un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali". "Siamo qui per protestare contro la nostra cara e amata azienda. Noi pretendiamo una ricollocazione - ha spiegato uno dei lavoratori a rischio - che ci possa permettere di raggiungere il posto di lavoro". Poi, è partito il coro "vergogna, vergogna".

Diversa, come spesso accade nelle vertenze lavorative, la posizione dell'azienda. "H&M crede nelle persone e si è impegnata sin dall'inizio per trovare le migliori soluzioni possibili per tutti i dipendenti coinvolti, conformemente alla legge e nel rispetto delle proprie politiche interne e valori - si legge in una nota della società -. In un quadro generale di grave difficoltà del settore retail, dovuto al momento straordinario in cui ci troviamo, l’azienda è riuscita a garantire una ricollocazione per tutti i 57 dipendenti dei due punti vendita. La maggior parte delle ricollocazioni sono avvenute su Milano, Provincia di Milano e Monza Brianza, in aggiunta a quelle in Lombardia e aree limitrofe. Le ricollocazioni in altre zone - la versione di H&M - sono avvenute su preferenza espressa dai dipendenti stessi".

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