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Indagine sul capolarato nel food delivery: carabinieri ascoltano oltre 1000 rider

Sentiti fattorini di tutte le province nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Milano

Sono oltre mille i rider che i carabinieri hanno ascoltato nel corso del fine-settimana per l'indagine sul caporalato nel settore food delivery. I fattorini ascoltati operano per le principali piattaforme virtuali nelle province dove queste sono attive.

Il Comando Tutela Lavoro e tutti i Comandi provinciali dell'Arma sul territorio nazionale, attraverso le interviste ai lavoratori, hanno acquisito informazioni utili alle indagini in corso da parte della Procura della Repubblica di Milano sulla gestione del rapporto di lavoro da parte delle aziende che operano nell'ambito delle consegne di cibo a domicilio. 

Le attività dei carabinieri si sono svolte su strada in tutto le province interessate dal food delivery, per fotografare attraverso la testimonianza diretta dei rider quali sono le loro reali condizioni di lavoro, le modalità di svolgimento del servizio e le forme di tutela loro garantite, sia sotto il profilo della sicurezza che sanitario. 

Nei giorni scorsi una serie di denunce aveva portato il Tribunare di Milano a commissariare Uber Italy srl, filiale italiana del gruppo americano, con l'accusa di caporalato per lo sfruttamento dei rider addetti alle consegne di cibo per il servizio Uber Eats. In corso le indagini della guardia di finanza sull'azienda.

L'indagine sul caporalato

Nell'inchiesta sulla società, che ha portato anche ad una serie di perquisizioni, viene contestato il reato previsto dall'articolo di "intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro". I fattorini, stando a quanto ricostruito, formalmente non lavorerebbero per Uber ma per altre due società di intermediazione del settore della logistica, tra cui la Flash Road City che risulta indagata nel procedimento. 

"La mia paga era sempre di 3 euro a consegna indipendentemente dal giorno e dall'ora". Lo ha messo a verbale un rider che ha lavorato per Uber Eats, come emerge dal decreto con cui è stata commissariata per caporalato la filiale italiana del gruppo. Per i giudici di Milano, Uber, attraverso società di intermediazione di manodopera, avrebbe sfruttato migranti "provenienti" da contesti di guerra, "richiedenti asilo" e persone che dimoravano in "centri di accoglienza temporanei" e in "stato di bisogno".  

"Uber Eats ha messo la propria piattaforma a disposizione di utenti, ristoranti e corrieri negli ultimi 4 anni in Italia nel pieno rispetto di tutte le normative locali. Condanniamo ogni forma di caporalato attraverso i nostri servizi in Italia". Lo si legge in una nota del gruppo dopo il commissariamento da parte del Tribunale di Milano. "Inoltre partecipiamo attivamente al dibattito sulle regolamentazioni che crediamo potranno dare al settore del food delivery la sicurezza legale necessaria per prosperare in Italia. Continueremo a lavorare per essere un vero partner di lungo termine in Italia", aggiunge l'azienda.

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