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Alessandro Gemme

Giornalista

A nessuno interessa dello schifo che respiriamo a Milano

La città è tappata in una cappa di smog e per il momento pare che il problema non interessi a nessuno

Oggi a Milano c'è una persistente puzza di smog. C'è quella nebbiolina schifosa che sostanzialmente nasconde l'orizzonte e il Resegone. L'aria è pessima. Eppure sembra che il tema non interessi a nessuno. Chi vive a Milano non percepisce di essere in una delle zone più inquinate del pianeta. Forse il tema non è sentito perché non è una questiona materiale a differenza di un grosso cumulo di spazzatura, una strada piena di buche o un'area fortemente degradata. Eppure lo smog è il problema di Milano. Un guaio dovuto principalmente alla concatenazione di almeno tre fattori: anzitutto la conformazione del bacino padano, una conca chiusa tra gli Appennini e le Alpi; in secondo luogo in inverno si crea un cuscinetto di aria fredda che ristagna alle basse temperature accumulando gli inquinanti prodotti da attività di cittadini e imprese; in terzo luogo il fatto che si tratta di un'area tra le più popolate d'Europa.

Attualmente la situazione è seria e lo si evince dai numeri. La cappa di smog ha iniziato ad accumularsi su Milano a partire dalla giornata di venerdì 10 febbraio. Da quel momento i valori sono schizzati costantemente oltre la soglia dei 50 microgrammi per metro cubo. Il picco è stato toccato nella giornata di mercoledì 15 febbraio quando le polveri sottili (Pm10) hanno toccato quota 85. 

Le misure antismog con cui Milano cerca di difendersi non funzionano. Meglio, sembrano soluzioni di "facciata". Area B serve a tenere alla larga le auto più inquinanti dal perimetro della città, ma all'interno continuano a circolare. Le telecamere, infatti, sono solo ai varchi: chi continua a muoversi nei confini cittadini senza mai varcare la fatidica soglia rischia di essere multato solo durante un controllo approfondito della polizia locale. In breve: è quasi impossibile che venga sanzionato.

Le misure antismog regionali, invece, hanno un'attivazione macchinosa e poco efficace. Le limitazioni di primo livello trasformano il territorio dell'ex provincia di Milano in una maxi Area B, ma entrano in vigore dopo 4 giorni consecutivi con valori oltre la soglia e solo "sulla base della verifica effettuata nelle giornate di lunedì e giovedì (giornate di controllo) sui quattro giorni antecedenti". In certi casi prima che entrino in vigore possono volerci anche 6 giorni dal primo giorno con valori oltre la soglia. Se i giorni diventano 10 scattano quelle di secondo livello (ancora più restrittive). Bisogna però dire una cosa: un conto è la teoria, un altro la realtà. Negli anni le misure antismog non hanno mai dimostrato di essere funzionali alla causa. 

Attualmente l'unico modo per far sparire le sostanze inquinanti è aspettare precipitazioni e venti. Ci sarebbe un'altra alternativa: limitare l'impatto umano e, dunque, limitare le emissioni con spostamenti più sostenibili (attraverso i mezzi pubblici, in bicicletta o auto elettrica), anche attraverso l'efficientamento del parco immobiliare. Soluzioni che richiedono un investimento sia in termini di tempo che di soldi. Forse è meglio aspettare la prossima giornata di pioggia, l'aria di Milano non interessa a nessuno (purtroppo).

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