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Ginevra (commercialisti): "La nostra professione deve innovarsi per attrarre di nuovo i giovani"

L'intervista con Edoardo Ginevra, presidente dell'associazione di categoria a Milano e candidato alla presidenza milanese dell'Ordine

Innovare la professione del commercialista aprendosi ad esempio al digitale e alla sostenibilità ambientale, pensando soprattutto ai giovani e ai motivi per cui, per i laureandi e laureati in Economia, il percorso professionale non ha più l'appeal di un tempo. Ha le idee chiare Edoardo Ginevra, classe 1970, nisseno trapiantato a Milano dove, dopo la laurea in Cattolica e vari corsi di specializzazione, lavora come commercialista. Ginevra, presidente da quattro anni dell'associazione di categoria milanese, si candida ora alla presidenza dell'Ordine di Milano. Ha parlato con MilanoToday.

Com'è oggi la situazione della professione di commercialista?

"La nostra professione vive un momento complicato, un po' come l'insieme delle categorie economiche. Il mondo sta cambiando a una velocità sostenuta e dobbiamo cogliere le opportunità del cambiamento, governando i rischi e ponderando le opportunità, per continuare a svolgere la nostra funzione a fianco delle imprese e delle famiglie". 

Lei si candida in alternativa alla presidenza in carica. Che cosa si dovrebbe 'salvare' nell'Ordine e nella professione?

"La base da salvaguardare, anzi da valorizzare, è il patrimonio di conoscenza e competenza, di autorevolezza, che appartiene alla nostra categoria consentendole di diventare nel corso degli anni un punto di riferimento concreto ed affidabile per imprese e famiglie. Riteniamo che occorra consolidare la credibilità e la riconoscibilità sul mercato della nostra professione valorizzando allo stesso tempo  il ruolo pubblico della professione, ricominciando a dare il giusto valore al suo contenuto".

Che cosa invece si dovrebbe cambiare?

"La nostra lista si chiama 'Innovare insieme'. Le sfide del mondo sono tante, la prima è la transizione digitale: un tema sia per i nostri clienti sia per la professione, che deve far leva sulla competenza tecnica quale fattore distintivo ma allo stesso tempo deve fare i conti con le opportunità che si possono trarre dal digitale per migliorare la nostra attività, recuperando efficienza e capacità di servizio per i clienti".

Può farci un esempio concreto di intervento sul tema della transizione digitale?

"Pensiamo a investimenti su tecnologie moderne per facilitare il lavoro di tutti. Investimenti in strumenti digitali tanto indispensabili quanto complessi e costosi che non sono alla portata del singolo professionista ma possibili per un’azione comune di categoria. L'infrastruttura deve essere al centro di un progetto comune di categoria, ci sono in tal senso esempi già in altre professioni, penso ai notai. Un esempio per tutti, si pensi alle attività di gestione contabile e fiscale ed alle nuove potenzialità se disponessimo di strumenti moderni per gestire ed interpretare i dati.

Un altro tema del futuro?

"La sostenibilità. Un'impresa che voglia raccogliere questa sfida, deve anche costruire piani industriali coerenti con gli obiettivi che si pone, misurare i risultati raggiunti e rendicontarli nei bilanci, è il nostro mestiere. E non è un tema che riguarda solo la grande impresa, è un tema che riguarda le imprese di ogni dimensione per ragioni di filiera o di accesso al credito, per esempio".

Voi avete una formazione multidisciplinare: cosa manca?

"Certamente, siamo competenti in molti ambiti, solo per citarne alcuni ci occupiamo di materia aziendalistica, di materia tributaria, di governance, di procedure concorsuali. Se è vero che si va verso una specializzazione del singolo professionista in questo o quell'ambito particolare, è altrettanto vero che le aziende ci chiedono sempre più competenze multidisciplinari, quindi gli studi devono avviarsi a un percorso di crescita che li metta in grado di rispondere al meglio a queste richieste. Abbiamo strutture mediamente piccole, mentre il professionista ha bisogno di evolversi e aggiungere competenze, di aggregarsi o di fare rete. Questa trasformazione avrebbe un impatto anche sui giovani".

La professione è ancora attrattiva per i neo laureati?

"Non come un tempo. Ma se percepiranno una professione viva e capace di cogliere le sfide del tempo, avranno voglia di mettersi in gioco in questo percorso professionale, ne sono certo. Oggi, per un giovane, intraprendere la professione del commercialista significa mettere in conto anni di sacrifici, di investimenti su se stessi per acquisire la competenza tecnica e la necessaria esperienza, prima di raccogliere i frutti sperati, per rimanere attraenti serve una professione capace di essere moderna ed al passo con i tempi e, perché no, in grado di prospettare redditi adeguati agli sforzi".

Le vostre idee per i giovani professionisti?

"Innanzitutto il coinvolgimento diretto: in lista abbiamo una significativa presenza di giovani candidati. Pensiamo poi di costituire un 'consiglio mirror', un organo consultivo composto solo di commercialisti under 35, che affianchi il consiglio dell'Ordine. E poi vorremmo lavorare con le università per costruire un percorso di competenza coerente con i bisogni dei clienti di oggi. Se sapremo innovarci, i giovani lo percepiranno. Ma questo non è l'unico vantaggio i un percorso votato all'innovazione".

Qual è l'altro vantaggio?

"E' il miglioramento del Sistema Italia. Soprattutto nei mesi di ripresa post-pandemia, dove non tutti escono allo stesso modo: alcuni settori hanno sofferto di più, altri di meno, alcuni colgono la ripresa e altri forse non la coglieranno mai. E' un momento molto delicato per il Paese. Ci vuole una professione moderna e pronta alla sfida al fianco di famiglie e impresa. A questo punto non mi resta che raccomandare l’importanza di votare per i colleghi, il momento è importante, le sfide sono molte e difficili e scegliere è molto importante".

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