Niente più taxi a Rogoredo. E sarà sempre peggio senza licenze
Alla stazione servita dall'Alta Velocità file interminabili e taxi latitanti. Ma il problema non è certo solo qui. Come mai non si emettono nuove licenze? Le ultime risalgono ad Albertini. Ma la città è completamente diversa
Alla stazione ferroviaria di Rogoredo è ormai impossibile trovare un taxi. Certo, lo sappiamo, la situazione è la medesima in tutta la città. Ma qui siamo in una stazione importantissima per il sistema di trasporti cittadino, lombardo e nazionale. Rogoredo è la porta d’accesso a Milano da Genova, da Bologna, da Roma, dalla dorsale adriatica. È la fermata che può decongestionare la Stazione Centrale oramai al limite delle sue possibilità. È la stazione perfetta per una larga fetta di residenti dalla fascia meridionale e orientale della città.
La carenza dei taxi è iniziata a farsi evidente alla sera, con attese snervanti. Poi il disservizio si è allargato al pomeriggio. La foto si riferisce a domenica 25 giugno alle ore 19: tanta gente in fila, zero taxi. Osservata per una decina di minuti, la situazione non è cambiata di una virgola. Per scrupolo nuovo passaggio dopo cena alle 22: stesso scenario.
Sei disabile? A Milano è impossibile prendere un taxi
Molte persone (donne e ragazze che viaggiano da sole, tanto per fare un esempio) stanno cambiando le loro abitudini di viaggio: quando si arriva di sera addio fermata a Rogoredo e si punta a Centrale dove qualche speranza in più di trovare un’auto bianca c’è e comunque dove l’eventuale attesa si svolge in un ambiente meno lugubre di quello di Rogoredo. Poco importa se i tempi di viaggio si allungano: si mette in conto un disagio per evitare un disagio maggiore.
Le ultime licenze emesse nel 2003: vent'anni fa
Ma questo è un compromesso al ribasso. E non si capisce come Milano possa continuare ad accettare compromessi al ribasso, specialmente sui fronti della mobilità. Non si fa nulla sulla sosta delle auto; non si procede sull’aumento della tariffazione di Area C; non viene dato avvio a un piano per la sosta interrata; non partono le nuove preferenziali; i cantieri delle nuove ciclabili vengono annunciati ma non partono; si lascia che chi va in bici venga schiacciato come una zanzara, ma si cerca in tutti i modi di ostacolare la mobilità dolce in monopattino. Un immobilismo lontano anni luce dalle buone pratiche applicate di questi tempi in tutta Europa; un immobilismo che si riflette anche sulla questione dei taxi. Una scelta autolesionista che pregiudica e ingabbia lo sviluppo della città con l’amministrazione che sta a guardare nonostante le sollecitazioni, nonostante i pronunciamenti del Consiglio (2022), nonostante già nel 2019 il Comune propose 450 nuove licenze (poi congelate causa Covid); nonostante questo incredibile sottodimensionamento delle licenze stia favorendo l’abusivismo; nonostante non si parli d’altro sulla stampa da settimane; nonostante i dati scioccanti sulle corse non evase (si arriverà presto al 50%), nonostante le ultime licenze siano state emesse 20 anni fa da Gabriele Albertini. Avete idea di come è cambiata la città negli ultimi vent’anni? Ebbene tutto è cambiato meno che le licenze taxi, sono rimaste le stesse.
Licenze taxi. Senza coraggio non si può governare
Quale è il problema di emettere nuove licenze in una situazione del genere? Ne occorrerebbero tra le 600 e le 900 e mettendole all’asta il Comune potrebbe incassare qualcosa come 150 milioni da reinvestire in mobilità sostenibile. Nuove risorse, servizi migliori per tutti, una mobilità più sostenibile, maggiori chance per chi decide di rinunciare all’auto di proprietà. Una situazione in cui vincono tutti. E dunque?
Si ha forse paura delle proteste violente dei tassisti? Ma alle proteste violente si risponde con le forze dell’ordine, e poi quale terreno fertile troverebbero presso la cittadinanza? Non c’è un solo cittadino che non sia esasperato da questa situazione. Perché allora non si procede? Per una tendenza al quieto vivere? O per questioni clientelari? Ma una città gestita in maniera clientelare e senza coraggio non è nelle condizioni di giocarsi le sue carte a livello internazionale, non può ambire a un benessere economico diffuso dei suoi cittadini, non può essere attrattiva per aziende e investimenti e non può permettersi di ospitare grandi eventi. Davvero la città vuole rinunciare alle sue ambizioni pur di tutelare una piccolissima corporazione?
A Rogoredo non ci sono più taxi, ma è solo la punta di un iceberg. È solo un indizio sulla mancanza di coraggio, di visione, di volontà politica nel porre Milano allo stesso livello delle altre città europee. Con i fatti e i provvedimenti, non con le parole.