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Milano, due neonati operati al cuore con un "catetere spaghetto": è la prima volta in Italia

È la prima volta che un intervento del genere viene eseguito in Italia. Il miracolo a Milano

A un mese di vita sono finiti su un letto di una sala operatoria per essere operati al cuore. E grazie alla bravura dei dottori di Milano adesso non dovranno avere più paura di nulla. 

"Miracolo" al Niguarda, dove per la prima volta in Italia è stata utilizzata con successo una procedura mini invasiva per, spiegano dall'ospedale, "riparare un’anomalia cardiaca - il dotto di Botallo pervio - su neonati prematuri dell’età di un mese". 

Operati due neonati di 1 mese

"La tecnica, che sfrutta una procedura trans-catetere, ha permesso di chiudere il dotto arterioso in due bambini con peso inferiore ai 2 kg, nati da gravidanze sotto le 30 settimane di gestazione. In questi casi - ricostruiscono dal Niguarda - il vaso che permette il passaggio di sangue dall’arteria polmonare all’aorta durante la vita fetale non si era chiuso dopo la nascita causando importanti problemi cardiocircolatori e respiratori".

I due interventi sono durati mezz’ora l’uno e sono stati portati a termine nelle sale di emodinamica. Il team medico - composto da cardiologi pediatrici, anestesisti, tecnici di radiologia, neonatologi e infermieri - ha utilizzato "un nuovo device, che tramite un catetere sottilissimo, del diametro di uno spaghetto, inserito dalla vena femorale sulla gamba, ha raggiunto l’arteria polmonare e quindi attraverso il dotto l’aorta".  

Il dotto che non si chiude

“Una volta in sede dal catetere è stato rilasciato un dispositivo auto-espandibile che è andato a tappare il dotto arterioso aperto - racconta Gabriele Vignati, responsabile della cardiologia pediatrica di Niguarda -. Durante la vita fetale, infatti, esiste un 'tubicino', il dotto di Botallo appunto, che mettendo in comunicazione l’arteria polmonare con l’aorta ottimizza la circolazione fetale evitando a gran parte del sangue, già ben ossigenato dalla placenta, di andare inutilmente ai polmoni”.

Il dotto, quindi, permette al sangue di saltare gli organi "impegnati" nella respirazione e di raggiungere direttamente il resto del corpo. Alla nascita il dotto inizia a chiudersi spontaneamente ed entro le prime 72 ore, o più raramente entro le prime settimane di vita, la sua chiusura è completa. Il "meccanismo" evidentemente non ha funzionato nei due bimbi operati al Niguarda. "La mancata chiusura è un evento con basso riscontro nei nati a termine ma in circa il 30% dei nati estremamente prematuri il dotto rimane aperto, con un passaggio di sangue dall’aorta all’arteria polmonare - indica Stefano Martinelli, direttore della neonatologia e terapia intensiva neonatale-. Questo porta ad un sovraccarico di lavoro del muscolo cardiaco e - se le dimensioni del dotto sono importanti - anche ad un aumento della pressione nell’arteria polmonare con conseguenze anche gravi sui processi di maturazione del polmone stesso”.

In questi casi  “viene fatto inizialmente un tentativo di chiusura farmacologica del dotto grazie alla somministrazione dei farmaci antinfiammatori - evidenza Vignati-. In alcuni casi, però, come è successo per questi due bambini, i farmaci non sortiscono l’effetto sperato e l’unica chance di trattamento sarebbe stata la chiusura chirurgica attraverso l’apertura del torace". 

A Niguarda invece è stato sufficiente un catetere grande quanto uno spaghetto per regalare una nuova vita ai piccoli. 

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