Questo servizio taxi condanna Milano a non crescere più
E non solo a livello economico (che già sarebbe gravissimo). Un servizio taxi così gravemente inefficiente ha conseguenze sociali, ambientali, di immagine e civili
Quello che Milano - e non solo Milano - sta vivendo circa il servizio taxi merita riflessioni più articolate. Sì, è vero, se n’è parlato tantissimo, si rischia di essere noiosi anche perché chi legge è rassegnato che le cose non cambino mai. Ma è doveroso sottolineare i danni diffusi che derivano dalle cose che non cambiano mai.
I danni di un servizio taxi non idoneo
Il malfunzionamento dei taxi in città (e l’assenza di alternative ai taxi, l’impossibilità di utilizzare Uber nelle modalità in cui lo usano in tutto il resto del mondo, l’assenza di operatori di mobilità come Lift, Cabify o Bolt che costituiscono una delle alternative in qualsiasi altra città all’estero) non è un semplice fastidio che rende un incubo la nostra serata quando decidiamo di uscire senza auto privata. È proprio un danno. Un danno che determina conseguenze gravi e diffuse.
Le licenze sono le stesse da decenni. Fotografano un mondo in cui le attività economiche erano diverse, gli eventi erano inferiori, in cui tutte le famiglie erano dotate di auto privata (questo per fortuna sta lentamente diminuendo) e in cui il turismo era pressoché inesistente. Alla crescita della città tutte le attività economiche ed i servizi si sono adeguati: sono aumentate le metropolitane, sono cresciuti gli alberi, sono evoluti i ristoranti. Solo un servizio è rimasto immobile come trent’anni fa, i taxi. E questo nonostante la tecnologia e le app ne renda potenzialmente più accessibile e inclusivo l’utilizzo. Così la domanda è cresciuta e l’offerta è rimasta ferma: risultato? Il caos. Un caos che si potrebbe agevolmente risolvere in una settimana, liberalizzando il servizio e aumentando le licenze. Restare nel caos per semplici questioni di clientelismo elettorale non è però senza conseguenze, è anzi una ipoteca sulla crescita e lo sviluppo della città. Un clientelismo che peraltro non ha ragione d’essere, per due motivi: 1. Non è vero che i tassisti spostano voti, è una superstizione. 2. Non è vero neppure che un aumento delle licenze potrebbe sfavorire gli attuali licenziatari, anzi sarebbe vero il contrario.
Il servizio taxi si è via via trasformato in una grottesca palla al piede insostenibile che impedisce all’economia della città di volare; rende la città meno competitiva rispetto alle città competitor in Europa; disincentiva l’arrivo di nuovi investimenti e posti di lavoro; mette in difficoltà intere filiere come quelle del turismo, della ristorazione, dell’ospitalità in generale.
Ma non c’è solo un immane problema economico che da solo basterebbe a rendere urgentissima una riforma. No. C’è anche un problema sociale, civile, ambientale. Che riguarda le nostre personali scelte di mobilità. Finché il servizio taxi sarà così mediocre e così costoso rispetto ad altre città paragonabili a Milano, chi davvero deciderà di rinunciare all’auto privata? Uscire a cena con i mezzi pubblici e poi tornare di notte col taxi è una combo di mobilità sana e sostenibile che costituisce opzione normale in ogni città civile del mondo. Da New York a Sidney, da Londra a Madrid. A Milano tutto questo è spericolato, rischioso, perfino impossibile. Le attese superano la mezz’ora anche in notti tranquillissime; gruppi di amici si rovinano la serata su app che poi invitano immancabilmente a riprovare “tra qualche minuto”; tentativi vani e umilianti di agguantare taxi al volo come sarebbe normale fare in una città con un’offerta idonea; atroce musichetta dei centralini; alla fine spese allucinanti perché l’unica auto che l’applicazione ti trova sta a 9 minuti da te che diventano 12 e arriva segnando 25 euro sul tassametro da aggiungere a quelli necessari per l’agognato ritorno a casa.
Un servizio taxi mediocre crea problemi economici ma anche ambientali
È normale che tutto questo avvenga. Non è certo colpa dei tassisti in circolazione che anzi lavorano come pazzi e guadagnano cifre strabilianti pur a fronte di dichiarazioni dei redditi talvolta miserabili. È però colpa di una categoria che combatte contro la realtà, contro il buon senso e contro l’evidenza dei fatti alleandosi alla peggiore politica. La città è piena di turisti, gli alberghi traboccano stranieri (coi quali facciamo una figura pessima), ci sono convegni, fiere a non finire, eventi sportivi internazionali; le attività economiche sono vivaci. E i taxi sono quelli degli Anni Novanta.
Chiunque viva una, due, tre volte anche solo questa esperienza serale cosa fa? Semplice: torna all’auto privata. Ovvero compie il percorso inverso a quello che ogni città occidentale evoluta sta cercando di far compiere ai propri cittadini. Il numero di auto private a Milano deve calare drasticamente perché è anomalo rispetto alle altre metropoli europee e perché solo un drastico calo delle auto private garantisce maggiore sostenibilità ambientale e civile e maggiore crescita economica. Ma questo calo non potrà mai avvenire davvero in assenza di un servizio taxi efficiente. Ecco perché la questione dei taxi non è solo una questione di mobilità ma è una questione ambientale. Ribadiamolo e non smettiamo di ribadirlo: senza un efficiente servizio taxi e senza una seria liberalizzazione della mobilità non di linea i danni sono economici, sociali, civili, ambientali e di immagine. Ci perdono tutti. E tanto anche. Il tutto per soddisfare le richieste - oltretutto autolesionistiche - di poche migliaia di tassisti. Che senso ha?