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A Milano sono arrivati i primi profughi in fuga dall'Afghanistan

Sono ricercatrici che lavorano con la Fondazione Veronesi. Altri in arrivo

Milano risponde presente. Nelle scorse ore sono arrivati in città i primi profughi in fuga dall'Afghanistan, negli ultimi giorni tornato nelle mani dei talebani dopo il ritiro dei militari americani e delle truppe alleate. 

Si tratta delle otto ricercatrici afghane che lavoravano per la Fondazione Veronesi al centro per la diagnosi del tumore al seno di Herat. Le donne, insieme alle loro famiglie, sono sbarcate a Fiumicino nel pomeriggio di giovedì e sono state sottoposte a tampone. Tra i 34 totali destinati a Milano, i negativi al test sono partiti alla volta del capoluogho meneghino in pullman e sono arrivati in nottata. In città saranno ospitati in un albergo covid in attesa che finiscano la quarantena obbligatoria per poi essere spostati in strutture di accoglienza. Altri arrivi sono previsti in queste ore: almeno una ventina di profughi che il ministero ha inviato a Milano nel piano di smistamento che coinvolge tutti i comuni italiani. Loro dovrebbero essere accolti nel centri di accoglienza straordinaria per i richiedenti asilo. 

Anche Bernardo vuole accogliere i profughi (ma non i terroristi)

"La prefettura - ha spiegato la vicesindaca Anna Scavuzzo - ci ha chiesto di individuare altri spazi per affrontare l’emergenza perché ancora non sappiamo quanti profughi potranno arrivare a Milano. Noi stiamo verificando gli spazi del centro di accoglienza di via Aldini, gestito da Arca oltre a ex scuole. Appena terminata la perlustrazione presenteremo la nostra proposta al prefetto".

Nelle scorse ore era stato invece il sindaco, Beppe Sala, ad aprire le porte alle donne e gli uomini in fuga dall'Afghanistan. "Il comune e la prefettura di Milano, a cui il coordinamento nazionale per l'emergenza assegnerà una quota di nuclei familiari provenienti dall'Afghanistan, ai quali potrà essere riconosciuto lo status di rifugiati, in virtù del decreto legislativo n. 251 del 2007, hanno avviato la loro collaborazione", aveva fatto sapere il primo cittadino. 

"Nei prossimi giorni raggiungeranno la nostra città alcune decine di cittadini afghani, con le proprie famiglie, che hanno collaborato con le forze armate, con l'ambasciata italiana e con l'agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo in Afghanistan", aveva annunciato Sala. "Il comune, su richiesta della prefettura di Milano e in collaborazione con gli enti del terzo settore, già oggi sono impegnati nei centri di accoglienza straordinaria, sta individuando e verificando gli spazi adeguati, che non possono essere improvvisati perché devono essere dotati dei servizi minimi adeguati per l’accoglienza di nuclei familiari. Penso che ciascuno debba fare la sua parte, piccola o grande che sia, davanti a un'emergenza epocale come quella afgana, e noi - aveva concluso il sindaco - siamo orgogliosi di ciò che stiamo facendo".

Parole che avevano ricalcato quanto detto un paio di giorni prima. "La questione afghana è di una dimensione e di una complessità di portata storica, e per questo può essere gestita solo attraverso un coordinamento a livello internazionale. In attesa che il governo ci dia adeguate istruzioni, ci stiamo preparando a livello locale - aveva evidenziato il sindaco -. Stiamo prendendo contatto con le Ong che operano a Milano e che, in alcuni casi, hanno esperienza diretta in Afghanistan. Allo stesso tempo ci stiamo preparando con i nostri servizi sociali a gestire l’accoglienza dei profughi che dovessero essere indirizzati sul territorio milanese". 

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