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Lo studio del Poli: "La casa in cui viviamo ha un impatto sulla nostra salute mentale"

Il fatto è stato messo nero su bianco attraverso uno studio redatto durante il lockdown con l'Università di Genova

"La casa in cui viviamo ha un impatto sulla nostra salute mentale". Questo, in sintesi, è quello che afferma un'indagine del Politecnico di Milano e dell'Università di Genova. 

Il lockdown imposto per contenere la diffusione della pandemia da Covid-19 ha trasformato le case di milioni di persone in postazioni di lavoro, sale riunioni o aule didattiche. Improvvisamente la quotidianità è cambiata; molti hanno dovuto decidere dove trascorrere i successivi due mesi di vita, rimanendo negli appartamenti metropolitani o ritornando alle case familiari fuori città, condividendo ogni giorno gli spazi con coniugi, figli o familiari.

E quindi gli esperti dei due atenei italiani si sono posti delle domande. Che impatto ha avuto la casa in cui abitiamo? Può l’ambiente indoor giocare un ruolo importante su ansia, depressione e insonnia? Esistono delle caratteristiche del nostro ambiente domestico che contribuiscono più di altre alla nostra salute mentale?

Il gruppo di ricerca Design&Health Lab del dipartimento di architettura, ingegneria delle costruzioni e ambiente costruito (ABC) – Politecnico di Milano coordinato dal Professor Stefano Capolongo che da anni studia il rapporto tra ambiente costruito e salute, in collaborazione con il Dipartimento di neuroscienze, riabilitazione, oftalmologia, genetica e scienze materno-infantili (DINOGMI) – Università di Genova diretto dal Professor Mario Amore, ha affrontato la questione attraverso un questionario. La raccolta dati quali-quantitativa sotto forma di sondaggi online ha prodotto, tra il 12 e il 27 aprile, periodo di massima rigidità delle misure di lockdown, un campione di oltre 9200 risposte.

I risultati dello studio

Una persona su quattro ha sofferto di sintomi ansiosi significativi durante il periodo di lockdown. Ma non è tutto, il 12% degli intervistati manifesta sintomi depressivi moderati o severi, e l’8% soffre di insonnia moderata-severa.

Le donne risultano colpite il doppio rispetto agli uomini: il 31% delle donne intervistate manifesta ansia moderata o severa mentre gli stessi sintomi sono rilevati nel 17% dei soggetti del campione maschile.

Analizzando più da vicino la popolazione con sintomi depressivi, alcune caratteristiche delle abitazioni sono più ricorrenti in chi presenta sintomatologia marcata rispetto a chi ha sintomi lievi o assenti. Ad esempio, abitare in una casa di superficie inferiore ai 60 mq è una condizione più frequente tra chi ha sintomi depressivi: il 14% contro l’8,5% di chi non li ha. Tuttavia, l’incidenza del numero e della tipologia di persone con cui si condivide lo spazio è in fase di studio.

Ulteriori analisi statistiche mostrano una forte relazione tra sintomi depressivi marcati e abitazioni con scarsa illuminazione naturale, basso comfort acustico e termo-igrometrico, locali diurni caratterizzati da un numero limitato di soft qualities (per esempio opere d’arte) o elementi verdi e che non garantiscono un’adeguata privacy durante i sempre più numerosi momenti di connessione telefonica e video. Queste condizioni abitative sono infatti più frequenti (34%) in chi ha sintomi depressivi rispetto a chi non ne presenta (13%). I risultati delle analisi condotte dimostrano inoltre che chi abita in case con queste qualità indoor scarse corre un rischio due volte maggiore di manifestare sintomi di depressione moderata/severa rispetto a chi ha case più luminose e di qualità. 

Balconi, terrazzi e logge giocano un ruolo importante: non poter accedere a un balcone abitabile, la cui profondità consenta di accogliere tavoli e sedute, correla in modo significativo con sintomatologia depressiva, aumentando il rischio di sviluppare sintomi severi. Chi ha sintomi non dispone infatti di tali spazi nel 37% dei casi. Anche la vista dalle nostre finestre ha un peso rilevante: risulta più sintomatico chi affaccia su spazi outdoor di scarsa qualità, sia verdi, quali terreni incolti o spazi di risulta, sia costruiti, come parcheggi, strade o capannoni (28% dei casi contro il 17% degli asintomatici). Chi può godere, dalla propria abitazione, di una vista di scarsa qualità ha infatti più probabilità di sviluppare sintomi depressivi rispetto a chi ha un affaccio, per esempio, su di un parco cittadino.

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