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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Da profuga afghana a studentessa della Bocconi: la storia di Fatima

Prima guida turistica donna nel suo Paese, la ragazza è arrivata a Milano fuggendo dal suo Paese dopo il colpo di stato dei talebani

Quando l'ho incontrata per la prima volta, mi hanno colpito la grazia con cui parla e si muove, i suoi vestiti occidentali, lontani anni luce dal burka imposto alle sue connazionali dai talebani, e la quantità di esperienze che ha vissuto pur essendo così giovane.

Fatima Haidari è una ragazza afghana di 24 anni arrivata a Milano dopo essere fuggita al regime dei taliban, oggi vive a Locate Triulzi, dove le è stato assegnato un posto letto in una casa condivisa con altre ragazze profughe. Lavora da quando era bambina e accudiva un gregge di animali, ma questo per fortuna non le ha impedito di andare anche a scuola e il suo fluentissimo inglese è la prova più evidente di quanto si sia impegnata. Grazie a questa lingua comune mi ha raccontato la sua storia mentre passeggiavamo per la cittadina a sud di Milano.

Com'era la tua vita in Afghanistan?

"Sono nata in una delle aree più remote e povere del Paese, chiamata Lal Sar Jangal, nella provincia di Ghor. Da bambina guidavo un gregge di pecore e mucche, ho dovuto lavorare sin da quando avevo 8 anni, era molto duro ma anche piacevole: era bello portare quegli animali a nutrirsi e godersi la vita. Anche se può sembrare strano, questa esperienza, poi, mi ha aiutato a diventare una guida turistica: in fondo si tratta di condurre un gruppo".

Lavoravi ma sei anche riuscita ad andare a scuola...

"A un certo punto la mia famiglia mi ha permesso di studiare. Andavo in una scuola senza pareti, il cui tetto era il sole bruciante e dove invece delle sedie c'erano le rive sabbiose di un fiumiciattolo. Alla maggior parte delle ragazze era severamente vietato frequentare le lezioni. Io sono stata fortunata. Non possedevo libri o quaderni: mi esercitavo scrivendo e leggendo sulla sabbia".

Come sei arrivata a Milano?

"Visto che sono stata la prima guida turistica donna del mio Paese, la mia storia era stata pubblicata da diversi media. Per questo rischiavo di essere un target per i talebani. Alcuni viaggiatori a cui avevo fatto da tour leader erano preoccupati per me e hanno organizzato una raccolta fondi per farmi uscire dal Paese. Il mio nome era su diverse liste di corridoi umanitari aerei".

È stato facile lasciare l'Afghanistan?

"Raggiungere l'aeroporto è stata la cosa più difficile. Ho perso un volo per gli Stati Uniti e un altro per la Polonia, proprio perché non riuscivo a entrare. Per caso, quando ho potuto finalmente accedere, ho preso un volo per l'Italia".

Com'è la tua vita qui in Italia?

"Adoro l'Italia, è un luogo molto bello e ricchissimo dal punto di vista storico e culturale. Io vivo a Locate Triulzi in una struttura dello Stato e ho potuto prendere parte a un progetto di aiuto. Inoltre, lavoro creando contenuti online per un'agenzia turistica australiana e sto cercando anche di promuovere dei tour virtuali dell'Afghanistan. Questo perché vorrei supportare economicamente la mia famiglia".

Presto inizierai a frequentare l'università Bocconi qui a Milano...

"Ho un'amica che lavora come docente universitaria a Roma. È stata lei ad aiutarmi ad avere una borsa di studio per iscrivermi all'università. Sarà l'ateneo a coprire tutte le mie spese. Inizierò a settembre, non vedo l'ora".

Com'era l'Afghanistan per una donna prima del ritorno dei talebani?

"Non era facile nemmeno allora. C'erano ostacoli per tutto, per istruirsi, per lavorare. Le interferenze degli uomini erano continue. Ma quantomeno c'era la possibilità di andare a scuola, rendersi indipendenti lavorando. Al netto di tutte le sfide e delle difficoltà, le cose stavano andando bene, mi piaceva molto vivere in Afghanistan".

Per te è stato difficile studiare?

"Sì, quando la mia famiglia si è trasferita a Herat, nel 2009, per tre anni non sono più potuta andare a scuola: i miei genitori non potevano permettersi di pagare gli studi. Comunque non mi sono mai arresa, facevo dei piccoli oggetti a mano, mia mamma li vendeva ai negozi e così potevo comprarmi alcuni libri e studiare da autodidatta. Dopo tre anni sono riuscita a iscrivermi di nuovo a scuola e, in parallelo, ho iniziato a studiare inglese grazie a un'associazione che offriva lezioni gratuite".

L'inglese, infatti, lo parli benissimo

"Ho lavorato sodo e dopo un po' di tempo mi hanno scelta come assistente per insegnare inglese a un gruppo di rifugiati. Mi pagavano 50 dollari al mese".

Cosa facevi prima che i talebani prendessero il potere?

"Nonostante molte difficoltà, ero riuscita a entrare all'università di Herat per studiare giornalismo e comunicazione. In un Paese come l'Afghanistan diventare giornalista essendo donna era una sfida enorme, ma era anche il mio sogno più grande". 

Mi dicevi che sei anche stata la prima guida turistica donna del tuo Paese...

"Sì, mentre studiavo all'università, ho iniziato a fare ricerca e scrivere a proposito di luoghi storici dell'Afghanistan e a postare le informazioni su un gruppo Facebook di viaggio. Alcune persone li hanno apprezzati e mi hanno chiesto di guidarli per la città di Herat. Ho iniziato a lavorare per una compagnia chiamata Untamed Borders e poi con una decina di amiche ho aperto la prima organizzazione per l'empowerment di donne e ragazze rifugiate. Nel frattempo facevo anche la presentatrice in una radio locale per donne".

Com'era riuscire a fare tutte queste cose?

"Non facile. C'erano problemi di sicurezza, era abbastanza pericoloso, ma non solo. Quando ho iniziato a fare la guida e l'ho comunicato alla mia famiglia, mi hanno detto 'stai lastricando la tua strada verso l'inferno'. I miei genitori erano fortemente contrari. Nessuno mi appoggiava, la gente mi diceva 'sei una ragazza, non puoi farlo'. In ogni caso, era quello che amavo fare e nessuno è riuscito a fermarmi. A parte i talebani".

Il ritorno al potere dei talebani ha cambiato tutto...

"Sognavo di diventare una giornalista professionista e una guida turistica. Avrei voluto anche viaggiare in giro per il mondo, ma non come una rifugiata. Avrei anche voluto creare un'organizzazione per formare guide turistiche. Sono stata la prima donna a fare questo lavoro, ma non sarei voluta essere l'ultima".

Cosa è successo dopo il colpo di stato?

"Io sono rimasta solo per due settimane dopo quel momento. In quei giorni ho visto cose orribili: persone che venivano uccise, altre disperse e altre ancora ferite. Ho visto i talebani sparare, sono stata sfiorata da un proiettile. Era come un film horror solo che, invece, era proprio la realtà. Ricordo il giorno della presa di Kabul, mi trovavo in un ostello e il proprietario mi ha detto che erano arrivati i talebani e lui non ci poteva più proteggere. Ero sotto choc, ho perso la mia valigia e non avevo nessuno da cui andare. In città c'erano code chilometriche di auto e persone che correvano cercavando di scappare".

Come stanno vivendo i tuoi familiari e amici che non sono riusciti ad andarsene?

"Per le donne è un incubo. Sono recluse in casa: non possono studiare dopo le scuole elementari, non possono lavorare o andare al ristorante. Le mie amiche a volte mi dicono, speriamo che nessun'altra bambina nasca in Afghanistan: la vita è terrificante per loro".

Cosa speri per il tuo futuro?

"Vorrei tornare in Afghanistan. Spero che un giorno questo sia possibile, quando la situazione sarà tornata normale. Mi piacerebbe aprire una scuola per le bambine e continuare attività di empowerment per le donne. Vorrei anche aprire un'agenzia turistica. Ormai l'Italia è la mia seconda casa, il luogo dove mi sento al sicuro. Se dovessi rimanere qui, mi piacerebbe diventare un'imprenditrice".

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