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Uno Smarrimento senza fine: Lucia Mascino al Parenti

Perché "negli inizi c'è sempre qualche speranza in più"

Il bianco della pagina che non riesce a riempire la tormenta a tal punto da decolorare anche tutto ciò che la circonda: bianchi i mobili minimal da hotel tra cui si muove, bianchi i vestiti che indossa con eleganza. È una scrittrice in piena crisi la protagonista di Smarrimento, lo spettacolo di Lucia Calamaro in scena al Teatro Franco Parenti (fino al 20 febbraio) che vede la Magnifica presenza di Lucia Mascino.

In realtà la sua non è propriamente una sindrome della pagina bianca, perché lei di inizi ne ha in mente diversi, in questi, ci dice, "c'è sempre qualche speranza in più". Il problema è farle sbocciare queste storie in potenza. È questo che non riesce alla romanziera: far sì che i suoi personaggi non siano più "feriti, incompiuti, sanguinanti". 

Ma a rimanere vuoti non sono solo i fogli in cui dovrebbe annotare come si compie il destino delle sue creature. È sgombra anche la sua di esistenza, costante slalom per "evitare tutto e tutti", per evitare, in definitiva, "la vita". In una gettatezza di heideggeriana memoria, il personaggio-scrittrice e i personaggi dei suoi libri, "dichiaratamente tristi" e in cerca di finale, si trovano ad annaspare nel mondo come convalescenti (da nessuna malattia) alla ricerca di un motivo per alzarsi alla mattina.

La mancanza di ispirazione, che riguarda tanto il creare quanto il vivere, lo smarrimento (che ha come antidoto sempre efficace l'ironia), è dichiaratamente una mancanza dell'altro. Quando non c'è un altro "per cui campare" non rimane che infilare il proprio dolore da qualche parte, come consiglia la romanziera al pubblico, e continuare a "galleggiare tra le immagini" decise dalle sorte, aspettando un nuovo inizio.

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