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La seconda dose dei vaccini Pfizer e Moderna anche dopo 90 giorni?

L'Agenzia italiana del farmaco "ha deciso di procrastinare la seconda dose" dei vaccini a mRna

Per il richiamo di Pfizer e Moderna, vaccini a mRna, la seconda dose potrebbe essere ritardabile anche a 90 giorni. Per i vaccini "è molto importante la risposta cellulo-mediata, per la quale non abbiamo ancora nella routine pratica una misurazione. E questo è così vero che su 'Nature' la settimana scorsa è uscito un lavoro che dimostra che potremmo ritardare anche di 90 giorni la seconda dose con un vaccino anti-Covid a mRna perché la risposta che si ha nel richiamo, il cosiddetto boost, è ancora più forte. Questo è un dato che ulteriormente ci rassicura" ha spiegato Giorgio Palù, presidente dell'Agenzia italiana del farmaco Aifa, durante l'audizione in Commissione Igiene e Sanità del Senato sulle modalità di somministrazione dei vaccini contro il Coronavirus a mRna.

L'Agenzia italiana del farmaco "ha deciso di procrastinare la seconda dose" dei vaccini a mRna "sia per motivi scientifici che per esigenze pratiche" ha chiarito il presidente dell'Aifa. "Almeno quattro studi britannici - spiega - dimostrano l'efficacia dei vaccini con questi tempi" di somministrazione "ma anche la presenza di anticorpi che neutralizzano il virus al suo ingresso".

"Ma per noi in Italia questa decisione è stata anche dettata da un motivo pratico - sottolinea -: è stato proprio il generale Figliuolo, dando una consistente accelerazione alla campagna vaccinale, a farci notare che spostando la seconda dose di 2 o 3 settimane avremmo avuto a disposizione tre milioni di dosi in più, da utilizzare per coprire la fascia più esposta che è quella fra 60 e 69 anni".

Come va la campagna vaccinale?

Parlando poi della campagna vaccinale, ha sottolineato Palù, "in Italia sta andando molto bene. Siamo arrivati a quasi 30 milioni di dosi somministrate, con una media intorno o superiore a 400mila dosi al giorno".

"Il vaccino unico è il sogno di tutta la vaccinologia", che da anni studia come "disegnare" uno scudo "unico per molti virus che mutano. Devo dire che da 10 anni i virologi stanno provando ad avere un vaccino universale contro l'influenza, che ha una proteina di superficie che in parte assomiglia almeno nella sua funzione a quella del Sars-CoV-2, ma ancora non ci sono riusciti".

"Per il momento ci dobbiamo accontentare di questi vaccini anti-Covid e di quelli di seconda generazione a mRna che, essendo basati su una tecnologia molto duttile e rapida da mettere in campo, potranno avere incorporate tutte le mutazioni che oggi sono in circolazione. Quello potrebbe essere un vaccino in grado di proteggerci con molta efficacia da tutte quelle le varianti circolanti" ha detto Palù.

Il vaccino unico è un sogno, ha ribadito, "ma ancora non c'è" ha precisato. Ad esempio "per i virus dell'influenza ancora non l'abbiamo. Abbiamo tutti i vaccini stagionali". Per il coronavirus Sars-CoV-2 "sappiamo" però "che i vaccini a mRna sono in grado di indurre un titolo di anticorpi neutralizzanti capaci di bloccare anche le varianti", ha fatto notare il virologo.

"Sicuramente - ha continuato - sono in grado di bloccare con efficacia la variante inglese che è quella prevalente in Italia, dove rappresenta il 92% dei ceppi circolanti, ma anche di avere un'efficacia, seppur con titolo ridotto da due a 10 volte, anche nei confronti della variante sudafricana e brasiliana. Ancora non sappiamo qual è il comportamento riguardo alla variante indiana ma lo sapremo presto". E per il presidente di Aifa va ricordato che "non c'è solo il titolo degli anticorpi neutralizzanti ma anche la risposta cellulo-mediata".

In conclusione, Palù ha anche osservato che "per avere un vaccino contro tutte le varianti, contro tutti i ceppi di coronavirus che possono insorgere, bisognerebbe trovarlo non contro la porzione che lega il recettore, ma contro quelle più conservate che sono in un'altra porzione della proteina S".

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