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Giovedì, 28 Marzo 2024
Attualità Lorenteggio / Via Giacinto Bruzzesi

Milano, dove due lavori non bastano per una casa: così papà e figlio sono rimasti in strada

La storia di Fernando e suo figlio di 9 anni. L'uomo, nonostante due lavori, guadagna 900 euro al mese e non riesce a pagare l'affitto

Due lavori, giornate infinite e un tetto sulla testa che non c'è più. È la storia di Fernando e di suo figlio di 9 anni, sfrattati giovedì mattina dall'appartamento di via Bruzzesi, al Giambellino, in cui vivevano da anni. 

A denunciare la vicenda è il Sicet, il sindacato inquilini e territorio, che racconta: "Fernando lavorava come addetto alle pulizie e come collaboratore domestico. I problemi sono cominciati con lo scoppio della pandemia. La ditta ha sospeso il lavoro ed è stato messo in cassa integrazione. Il conseguente calo del reddito mensile, fino a quel momento sufficiente a sopportare tutte le spese ordinarie, ma non a risparmiare, ha reso inevitabile l’autoriduzione del canone". Una soluzione tampone che però è servita a poco. "Rientrato al lavoro, all’inizio del 2021, ha subito un’ulteriore diminuzione dell’orario e non è così più riuscito a pagare l’affitto. Ad oggi fa due lavori per arrivare a 900 euro mensili. Somma insufficiente ad affittare una casa nella città con i valori immobiliari più alti di Italia e nemmeno una piccola stanza in nero", proseguono dal sindacato. 

A Milano 6mila famiglie rischiano di perdere la casa

Così, Fernando le ha provate tutte: "Ha presentato domanda di casa popolare, nel 2021 e nel 2022. Domanda di servizio abitativo transitorio a maggio, domanda di casa temporanea all’inizio di settembre. Si è rivolto all’ufficio emergenza abitativa del comune di Milano ad aprile e a luglio: in entrambi i casi è stato inviato ad 'attivarsi' cercando autonomamente soluzioni abitative alternative e a rivolgersi ai servizi sociali territoriali. Nessuna risposta da parte delle istituzioni competenti è però arrivata in tempo per evitare il dramma di rimanere senza un’abitazione dove vivere", sottolineano dal Sicet.

La parola fine è arrivata quando gli eredi del proprietario di casa hanno chiesto lo sfratto, che è stato eseguito nelle scorse ore. "La famiglia andrà a stare temporaneamente da un parente, fuori Milano. Il padre, senza automobile, come potrà accompagnare ogni mattina il bambino a scuola e contemporaneamente andare a lavorare?", si chiedono dalla sigla. Rimarcando che "in città vengono eseguiti 10 sfratti al giorno. Cittadini che lavorano e contribuiscono alle finanze pubbliche ma che vedono ignorati e calpestati il proprio diritto a una casa. Nonostante l’emergenza sociale in corso, acuita dall’aumento dei costi delle bollette e da un’inflazione galoppante, non esiste un piano interistituzionale dell’emergenza sfratti". 

"Eppure non sarebbe difficile: sarebbe sufficiente assegnare le migliaia di case popolari colpevolmente sfitte da decenni e valutare le domande delle case transitorie prima che lo sfratto venga eseguito. Il comune, in perfetta sintonia con regione Lombardia, invece ritiene che lo sfratto sia una colpa e la casa una concessione da meritare solo dopo assurdi controlli e acrobazie burocratiche, che spesso portano a rigetti e a continue cause in Tribunale. Se sei sfrattato, solo in presenza di minori, anziani e invalidi, se ci sono i fondi e posti disponibili, i servizi sociali cercano un ostello dove puoi stare per qualche giorno. E poi?
Povertà e sfratti - concludono dal Sicet - non sono una colpa". 

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