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Alessandro Rovellini

Direttore responsabile

Le carrozze per sole donne sono una sconfitta

Segregare non può essere la risposta: le donne sono punite due volte. La lotta al machismo stupido e tossico deve partire da molto più lontano

I vagoni per sole donne sono una sconfitta. Gli ultimi tristissimi episodi hanno suscitato un'onda emozionale con una petizione su Change.org, ormai con migliaia di firme. Una ragazza è stata violentata sulla Milano-Varese; un’altra è stata molestata in stazione a Vedano Olona. I presunti aggressori, due 20enni, sono stati arrestati mentre partecipavano a una festa. Gli elementi indiziari a loro carico sono pesanti e il gip ha convalidato l’arresto.

In molte zone del mondo questi comparti di metro' e treni dedicati sono realtà da tempo. Ci sono in larga parte di Paesi asiatici, africani e sudamericani; esistono in una regione tedesca e vennero prospettati in Regno Unito. In Giappone l’affollamento estremo delle carrozze comporta episodi di palpeggiamento continui. Le diverse aziende del trasporto pubblico adottano strategie variegate: le donne hanno comparti ad hoc nel weekend, o di notte, o nelle ore di punta o sui convogli di maggior afflusso. Gli spazi “rosa”, tuttavia, non sembrano aver ridotto i casi. Nel 2017 i file della polizia nipponica ne riportano 1.750. Agli inizi dei Duemila sono tra i 300 e i 500 all’anno. Numeri devastanti. E in aumento.

La Regione Lombardia, ora, dovrà a forza affrontare la riflessione sulla sicurezza percepita. Perché se è vero che i numeri gelidi delle statistiche misurano reati in calo, l'esperienza di viaggio, soprattutto dopo una certa ora, è drammaticamente diversa. I nuovi convogli Trenord hanno telecamere ovunque e pulsanti antipanico, ma non sono la totalità della flotta. Chiunque sia stato pendolare in linee suburbane conosce bene la prateria d'impunità con il buio e pochi passeggeri a bordo. Sì, c’è il controllore; ci sono anche, spesso, pattuglie della polfer. Eppure, in file di carrozze vuote, gli interventi non possono essere sempre tempestivi. Non è solo quello che diventa denuncia formale: sono anche e soprattutto sguardi, occhiate, apprezzamenti, insulti, palpatine, esibizionismo becero. Traumi che spesso vengono chiusi un cassetto e rimangono ferite sanguinanti per anni. Qualsiasi donna abbia frequentato mezzi pubblici, soprattutto in ora notturna, li ha affrontati.

“Abbiamo il diritto di usare i mezzi pubblici a qualsiasi ora del giorno senza paura. In altri Paesi, sui mezzi di trasporto anche locale esistono carrozze dedicate alle sole viaggiatrici. Con questa petizione chiediamo a Trenord di dedicare, su tutte le sue linee, la carrozza di testa alle donne. In questo modo, a qualsiasi ora, si potrà viaggiare sicure”, scrive la promotrice della petizione.

Ma segregare significa tornare al passato. La lotta di genere abbatte le barriere binarie nei bagni, non più solo uomo o donna: accade nei licei, accadrà nella nuova, avveniristica sede Snam in Porta Romana. Costringere, invece, le donne a non scegliere, a doversi raccogliere in un un unico spazio per avere legittima e sacrosanta sicurezza, mostra quanto ancora siamo indietro per poterci definire società pienamente civile e civilizzata. L’argine alla bestialità maschile, così, in questo modo, passa dalla scappatoia di rinchiudere, nascondere, coprire l’altro sesso. Non siamo lontani dal pensiero di chi ritiene che le cause degli stupri siano minigonne o spacchi. Non si può aver paura di salire su un treno con l’unica colpa di essere donna. Ogni molestatore ha fatto una scelta; è lì, prima di quel maledetto bivio, che bisogna intervenire. Con modelli educativi, formativi e politici improntati al puro e semplice rispetto del prossimo. Altrimenti tutti saremo sempre e solo sconfitti.

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