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Carmine Ranieri Guarino

Giornalista MilanoToday

Allora buttiamo giù il Duomo

Si torna a parlare del nuovo stadio di Milano. Ma davvero è possibile (e giusto) immaginare una città senza il Meazza?

Uno un tempio sacro, l'altro un altare "pagano". Uno casa di preti, don e fedeli, l'altro casa di campioni, tecnici e ultras. Uno lì bello come il sole, simbolo della città, mai messo in discussione, giustamente. L'altro in bilico, quanto mai a rischio, prossimo a trasformarsi in un ammasso di macerie. E ricordi. Perché dello stadio Giuseppe Meazza di Milano - emblema della città tanto quanto la cattedrale del Duomo - potrebbe restare soltanto quello: nulla.

Nelle scorse ore si è tornato a parlare con prepotenza del progetto per il nuovo impianto che dovrebbe sorgere sulle ceneri del disgraziato Meazza. La "colpa" è tutta di Steven Zhang, presidente dell'Inter, e di Beppe Sala, inquilino di palazzo Marino, che mercoledì hanno deciso di incontrarsi dopo le schermaglie dei mesi passati. A marzo, il periodo più teso per i rapporti tra le parti, il primo cittadino aveva frenato la corsa al nuovo stadio pretendendo - e aveva fatto bene - di capire quale fosse il futuro del club nerazzurro, in evidente crisi finanziaria a causa dei problemi in Patria della casa madre Suning. L'Inter aveva risposto piccata, Sala aveva contro risposto e ne era nata una discussione dai toni abbastanza accesi, che però adesso sembrano essere dimenticati. 

L'appuntamento tra la società di viale della Liberazione e l'amministrazione potrebbe segnare effettivamente un punto di svolta per un progetto che - è utile ricordarlo - non cambierà soltanto lo stadio, ma un intero quartiere servendo un assist gigantesco a costruttori, imprenditori (e speculatori?). E a quel punto del Meazza calcato da Baggio, Ronaldo, Shevchenko, Weah - e si potrebbe continuare all'infinito, includendo anche le stelle della musica - cosa ne sarà? 

Macerie, soltanto macerie. La storia del Giuseppe Meazza di Milano, la "Scala del calcio", lo stadio che nel 2014 è stato eletto dagli inglesi come il secondo più bello al mondo, finirebbe lì. E tutto questo perché? A spiegarlo ci hanno provato Inter e Milan, che per una volta - unite dagli interessi - hanno fatto i bravi cugini e si sono seduti allo stesso tavolo. "Sono molti nel mondo i club che investono in stadi più moderni, attrattivi e sicuri, al fine di garantire un'esperienza live più spettacolare e coinvolgente, in grado di attrarre le nuove generazioni e portare alla piena redditività impianti comunque molto onerosi - si legge sul sito dedicato al nuovo stadio -. Grazie a questi investimenti, squadre come Bayern Monaco o Arsenal traggono dai loro stadi ricavi due volte superiori a quelli che oggi Inter e Milan ricavano dal Meazza e questo permette loro di investire su giocatori, allenatori, tecnici, fidelizzazione e cura dei tifosi, squadre giovanili, responsabilità sociale. Con il nuovo stadio i due club vogliono riportare Milano nell'élite del calcio mondiale".

Ecco, il segreto è tutto lì: "Un'esperienza live più spettacolare e coinvolgente, in grado di attrarre le nuove generazioni e portare alla piena redditività gli impianti". In una parola: soldi. Ma il calcio in Italia è (anche) altro. Il calcio in Italia ha i suoi simboli, per i tifosi lo stadio è la casa: i tifosi non hanno bisogno di "esperienze live", i tifosi hanno bisogno di essere seduti sempre allo stesso posto in curva - io non cambierei mai il "mio" vecchio Partenio Lombardi di Avellino con nulla al mondo - con accanto gli amici di sempre. E i milanesi, come dimostra un sondaggio di qualche tempo fa, gradirebbero continuare a sedersi lì, nello stadio Giuseppe Meazza. 

I soldi, "l'esperienza live" non possono vincere su tutto: il romanticismo, forse anche la nostalgia sciocca, possono combattere e provare ad avere la meglio, per una volta almeno. Altrimenti buttiamo giù anche il Duomo e sostituiamolo con un mega mall con negozi, supermercati, magari anche una discoteca. In fondo sarebbero soldi ed "esperienza live". Ma sarebbe una follia. Come lo sarebbe buttare giù la Scala del calcio. 

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