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Ma l'informazione non è libera proprio perché i giornalisti sono minacciati

Molti (anche alle manifestazioni no green pass) sbandierano la classifica sulla libertà d'informazione (Italia 41esima) senza sapere che le minacce e le intimidazioni sono i parametri con cui viene stilata

La classifica della libertà di stampa per Paese è una delle statistiche più fraintese della storia. Come è noto, l'Italia non brilla: nel 2021 (riferito al 2020) è al quarantunesimo posto nel mondo. Il problema è che chi sbandiera questo dato lo fa, quasi sempre, sostenendo che i giornalisti italiani sono 'servi', 'venduti', 'anelli di un sistema', fanno cattiva informazione perché 'telecomandati', e dunque l'informazione in Italia non sarebbe libera, non sarebbe al servizio della 'verità', non sarebbe 'imparziale'.

Durante le manifestazioni no green pass sono in tanti a usare la classifica sulla libertà di stampa leggendola in questo modo. Invece la classifica (stilata ogni anno da Reporters Sans Frontiéres, un'organizzazione no profit col ruolo di consulente delle Nazioni Unite) riguarda essenzialmente le minacce, le vessazioni, le intimidazioni e le violenze nei confronti dei giornalisti. I parametri non sono quelli che molti credono, ma ben altri.

Video: "Giornalista terrorista", e impediscono alla cronista di lavorare

Letta sotto la luce con cui viene effettivamente elaborata la classifica, si arriva a conclusioni ben diverse da quelle di solito sbandierate da chi usa il quarantunesimo posto italiano per contestare la qualità dell'informazione nel nostro Paese. Nella scheda riguardante l'Italia si legge che circa venti giornalisti sono sotto scorta per intimidazioni, minacce di morte o attacchi da parte di organizzazioni criminali. "A Roma - si legge - i giornalisti sono stati attaccati fisicamente da membri di gruppi neofascisti e verbalmente per esempio da membri del Movimento 5 Stelle, che era parte della coalizione di governo". Un particolare non da poco per Rsf perché, se un partito di governo è coinvolto in attacchi a giornalisti, questo in astratto mette in pericolo la libertà d'informazione.

Si legge ancora: "Ma il problema principale per i giornalisti italiani è stato quello dei negazionisti del coronavirus - una serie eterogenea che include guerriglie urbane, attivisti 'no mask', neofascisti, ultras, 'anarchici' e infiltrati del crimine organizzato - che spesso ha minacciato e aggredito verbalmente soprattutto coloro che hanno coperto l'onda di proteste in ottobre e novembre 2020".

Un anno dopo, alle manifestazioni contro il green pass, il clima in piazza è esattamente questo. I cronisti arrivano (smentendo ciò che viene ripetuto ossessivamente, ovvero che i mass media non danno conto delle manifestazioni. Tutt'altro), ma lo slogan più scandito è "giornalisti terroristi". E, quando provano ad effettuare un collegamento in diretta, i cronisti vengono bersagliati da urla, spintoni, fischi, insulti. Viene loro fisicamente impedito di lavorare, di effettuare il collegamento, di registrare il servizio. 

Cioè esattamente quel comportamento che verrà utilizzato da Rsf, l'anno prossimo, per stilare la classifica della libertà di stampa. Molto probabilmente l'Italia scenderà nel ranking nel 2022. E, alle manifestazioni no green pass, qualcuno dirà che "l'informazione in Italia è sempre meno libera", intanto che la renderà meno libera urlando "giornalisti terroristi" e impedendo loro di fare il loro lavoro.

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