rotate-mobile

Carmine Ranieri Guarino

Giornalista MilanoToday

Minacce a tutti: il senso di impunità degli "anti dittatura sanitaria"

Insulti a poliziotti e carabinieri, minacce ai giornalisti, sfide aperte alle forze dell'ordine: perché i no green pass si sentono intoccabili

Chi ha passato gli ultimi quindici sabati tra i no green pass di Milano, e si appresta a trascorrere il sedicesimo fine settimana con loro, ha ben in mente una scena. Due ottobre sera, poco dopo le 21. I manifestanti, per l'ennesima volta, hanno girato in lungo e largo per la città senza una meta precisa, bloccando strade, auto, mezzi pubblici, negozi. Tutto. All'altezza di viale Monza le forze dell'ordine sbarrano la strada, qualcuno cerca di sfondare il cordone e un giovane - tra i più esagitati - viene bloccato e portato via di peso dagli agenti. È qui che una donna sulla sessantina - caschetto biondo, giubottino bianco - decide di intervenire e con un oggetto di ferro in mano, utilizzato per fare rumore nel serpentone, pensa bene di iniziare a colpire i poliziotti. Sì, una placida 60enne - probabilmente una moglie, una nonna - che di fatto aggredisce le forze dell'ordine per cercare di liberare un "compagno". 

Ecco, perché a Milano devono essere permessi atteggiamenti del genere? Perché ai no green pass, a cui è stata lasciata ogni libertà possibile, è stata data la possibilità di sviluppare un enorme senso di impunità che li porta a fare, davvero, quello che vogliono? In ogni corteo ormai ci sono giornalisti accerchiati, minacciati, aggrediti. Dal serpentone ormai si levano costantemente insulti a poliziotti e carabinieri costretti a rincorrere i manifestanti. In ogni manifestazione qualche cronista - è capitato a chi scrive - viene scambiato per un agente della Digos e viene serenamente insultato con i complimenti classici, dal "pezzo di merda" al "che cazzo ci fai qui" passando per inviti, eleganti, ad andare fuori dal corteo. 

La sfida dei no green pass alla Questura

Qualcuno dei coraggiosi e valorosi no green pass avrebbe il coraggio di fermare una Volante della polizia per strada, in un giorno normale, e fare lo stesso con un poliziotto? Chiaramente, e fortunatamente, no. Ma ormai a Milano il sabato sembra un giorno franco in cui tutto è concesso. E quindi avanti così. 

L'ultima prova è arrivata poche ore fa, quando il comitato che rappresenta - ma poi rappresenta chi? - i manifestanti ha sfidato e provocato apertamente la Questura. Dopo aver inviato in via Fatebenefratelli una bozza di percorso pieno zeppo di obiettivi sensibili - tanto che alla fine il Questore ha "imposto" il percorso -, i no green pass hanno rotto gli indugi. "Come già anticipato, abbiamo comunicato un preavviso alla Questura per il corteo di sabato prossimo 6/11. Il nostro gesto distensivo, esclusivamente nell'interesse dei manifestanti, dev'essere stato mal interpretato da Fatebenefratelli, ovvero come un segnale di debolezza. Infatti, oltre a definire irricevibile il nostro percorso nonostante il corteo sia già passato precedentemente e più volte in tutte le vie e davanti a tutti i luoghi sensibili indicati nel preavviso, il questore ha ritenuto di comminare un Daspo di 6 mesi dall'intera città di Milano ad un manifestante pacifico per manifestazione non autorizzata, reato guarda caso contestato oggi, 4/11, per il corteo dell'11/9", la teoria che i contestatori della carta verde hanno affidato a una nota. 

E ancora: "La scorrettezza della Questura nei nostri confronti ci spinge a comportarci nello stesso modo", la loro provocazione. "Se loro desideravano una trattativa a porte chiuse, pensando di spingerci con l'intimidazione ad accettare un accordo umiliante, noi abbiamo deciso di scoprire le carte e di impegnarci di fronte a tutti i manifestanti milanesi a revocare il preavviso qualora non venissero tenuti in considerazione 3 punti fondamentali: il passaggio davanti al Duomo, il passaggio in corso Buenos Aires, a cui possiamo rinunciare solo in cambio del passaggio in corso di Porta Vittoria, davanti al Tribunale e alla Camera del Lavoro, la presenza di almeno 2 obiettivi sensibili tra Libero, Università Statale e Regione Lombardia", le richieste - che appaiono inaccettabili - del comitato. Quindi la conclusione: "Nessun aut aut all’Articolo 21 della Costituzione più bella del mondo". 

Il Questore "impone" il percorso del corteo

Già, le leggi. I novelli "partigiani della resistenza", gli eroi che si oppongono alla "dittatura", nelle ore che mancano da adesso a sabato potrebbero però fare una cosa utile. Aprire il sito Brocardi, cercare il dispositivo dell'art. 18 Tulps, il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e leggere quanto segue: "I promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico, devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore. È considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sarà tenuta, o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata".

Questo il passaggio fondamentale: "Il Questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di ordine pubblico, di moralità o di sanità pubblica, può impedire che la riunione abbia luogo e può, per le stesse ragioni, prescrivere modalità di tempo e di luogo alla riunione". Ecco, signori no green pass: il Questore - dura lex, sed lex - è il rappresentante dell'ordine pubblico e sta a lui decidere se il percorso proposto è accettabile o meno. 

Ma sembra evidente che proporre un corteo che passa davanti a tribunale, camera del lavoro, a due passi dalla stazione e fuori dalla regione - tutti obiettivi sensibili - sia soltanto un modo per farsi dire di no e poi scaricare la colpa sulle forze dell'ordine. Allora che la si smetta con queste mezze condanne e mezze assoluzioni. Che il sindaco Sala, il prefetto, il Questore, il comandante dei carabinieri - tutti - prendano in mano la situazione e facciano rispettare le regole. Senza se e senza ma. Se il corteo non è preavvisato, se si riscontrano ragioni di ordine pubblico, che la manifestazione si blocchi. Si vieti. Si tuteli il sacrosanto diritto di manifestare, ma allo stesso tempo si rispettino le regole che sanciscono quel diritto. Prima che il senso di impunità continui a crescere. Prima che sia troppo tardi. Prima che la vera dittatura diventi quella dei no green pass. 

Si parla di

Minacce a tutti: il senso di impunità degli "anti dittatura sanitaria"

MilanoToday è in caricamento