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T'el see che a Milan... ?

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A cura di Enea Rossini

Duomo

Tanti auguri vecchia Inter, i 108 anni di storia della squadra che voleva accogliere tutti

Da quella sera del 9 marzo del 1908 alla presidenza Thohir: tutte le tappe più importanti della Beneamata, la squadra italiana ad aver fatto il triplete e a non aver mai giocato in B

La cosa più semplice fu girare una matita. A quell’epoca c’erano solo quelle. Il blu sopra e il rosso sotto. Tutte e due con lo stesso “corpo”, ma opposte, distanti. Poi, bastò alzare gli occhi al cielo: “Questa notte splendida darà i colori al nostro stemma: il nero e l’azzurro sullo sfondo d’oro delle stelle. Si chiamerà Internazionale, perché noi siamo fratelli del mondo”. Era la notte del nove marzo di 108 anni fa. Era la notte in cui Giorgio Muggiani e altri quarantatré fuoriusciti dal Milan football and cricket club, nato otto anni prima, davano vita al Football club Internazionale Milano, l’Inter. La Beneamata. 

I fondatori dell’Inter, in aperta polemica con la scelta del presidente rossonero di non accettare più stranieri in squadra, si ritrovano attorno a un tavolo al ristorante L’Orologio di via Mengoni, a due passi dalla Scala. Lì, di comune accordo, accendono la prima luce sulla leggenda dell’Inter, la squadra - per stessa ammissione dei soci - che voleva "accogliere i fratelli del mondo". E’ lo stesso Muggiani, pittore, a scegliere il logo - le lettere stilizzate con i cerchi - e i colori: il nero e il blu, in opposizione ai cugini milanisti. A sedersi sulla poltrona di presidente è Giovanni Paramithiotti, uno dei soci fondatori. 

Il primo stadio della neonata Inter è un campo sportivo al civico 113 di Ripa Ticinese. Le difficoltà non mancano, tanto che ad ogni partita c’è qualcuno che staziona a bordo di una barchetta per recuperare i palloni che finiscono nel Naviglio. Cinque anni dopo, il Biscione si trasferisce al Campo Goldoni, prima di traslocare - nel 1930 - all’Arena Civica, dove i neroblù resteranno fino al 1947: anno dell’approdo definitivo a San Siro. 

Le gioie, però, arrivano subito. Nel 1910, a soli due anni dalla fondazione, l’Inter vince il primo scudetto. A interrompere la corsa dell’Internazionale ci pensa il Ventennio fascista: il nome è troppo poco italiano e soprattutto troppo simile al nome della terza internazionale comunista. Nasce così Società sportiva Ambrosiana, che sarà - fino al 1945 - Ambrosiana Inter. 

E’ dieci anni dopo che nasce l’epopea dell’Inter “moderna”. La squadra passa da Carlo Masseroni - l’uomo che ha fatto tornare il nome Internazionale sullo stemma - ad Angelo Moratti. A scrivere pagine di storia indimenticabili, insieme a lui, è il mago Helenio Herrera: il padre della grande Inter vincitrice di tre scudetti, due coppe Campioni e due Intercontinentali. 

La storia d’amore tra i Moratti e l’Inter si interrompe nel 1968 e per tornare a sorridere devono passare più di venti anni, quando - con Giovanni Trapattoni in panchina - i neroblù conquisteranno il tredicesimo scudetto diventando gli “invincibili”, gli unici in grado di raggiungere - nel campionato con i 2 punti - i 58 punti a fine campionato. 

Nel febbraio 1995 il romanzo è completo: torna Moratti - il figlio di Angelo, Massimo - e i tifosi tornano a sognare. Ai tanti soldi spesi, e ai tanti campioni - Baggio, Ronaldo, Vieri, giusto per dirne alcuni - non corrispondo trofei e vittorie, con un 5 maggio - quello della sconfitta all'Olimpico contro la Lazio - che ancora grida vendetta. Almeno fino al 2005: la Juve paga i fatti di Calciopoli e l’Inter, per cinque anni, domina in lungo e in largo, portando a casa cinque scudetti consecutivi. 

Ma per la pagina più dolce del libro, la più bella, ci vogliono ancora quattro anni. Ci vuole la pazienza che porta Julio Cesar, Maicon, Lucio, Samuel, Chivu, Zanetti, Cambiasso, Snejder, Eto’o, Milito e Pandev ad alzare la coppa Campioni dopo aver già portato a casa lo scudetto e la coppa Italia. Ad ammirarli, in mezzo al campo, c’è lui: Mourinho Josè da Setubal, lo special one che quella stessa sera lascerà l’Inter per restare a Madrid. 

Da quella sera, l’Inter non ha vinto più nulla. Sono cambiati i giocatori - Zanetti si è ritirato, e con lui la sua maglia numero 4 -, è cambiato il presidente - con Moratti che ha venduto all’indonesiano Erick Thohir - ed è cambiato l’allenatore - con Mancini che è tornato a sedersi sulla panchina del Meazza. Ma una cosa da quella sera del 1908 è sempre uguale: l’Inter è l’unica squadra ad aver vinto il Triplete ed è l’unica - vero orgoglio di tutti i tifosi della Beneamata - a non essere mai retrocessa in serie B. 
 

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