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Mercoledì, 24 Aprile 2024
T'el see che a Milan... ?

T'el see che a Milan... ?

A cura di Enea Rossini

Piccole curiosità, storie, aneddoti e leggende all'ombra della Madonnina

T'el see che a Milan... ?

Quando a Milano c'erano i vigneti e si faceva il vino

Per secoli la viticoltura è stata una delle principali fonti di sostentamento e di lavoro delle cascine a Nord della città, poi qualcosa ha cambiato tutto

Quando Leonardo Da Vinci stava lavorando all'Ultima Cena Ludovico il Moro gli donò una vigna per "le svariate e mirabili opere da lui eseguite per il duca". Era il 1498 e la viticoltura era realtà anche in quello che attualmente è il centro di Milano (l'appezzamento di terreno si trovava nel quartiere di Porta Vercellina, di fronte alla basilica di Santa Maria delle Grazie).

Tra Milano e hinterland i filari di vite erano una vera e propria presenza fissa. Per secoli la viticoltura è stata una delle principali fonti di sostentamento e di lavoro delle cascine tra Rho e Busto Arsizio. In pochi decenni, tuttavia, cambiò tutto: a metà del 1800 tutta l'attuale Lombardia, e in particolare l'area a Nord di Milano, furono teatro di un vero e proprio sconvolgimento sia sul piano naturale che sociale e urbanistico. Una trasformazione che ha cambiato l'aspetto delle campagne e, soprattutto, la società.

Dopo aver toccato l'apice a inizio Ottocento la viticoltura dell'altomilanese entrò in crisi: a metà del XIX secolo fu messa in ginocchio da alcune malattie che colpirono le piante. La prima infezione, più nel dettaglio, comparve tra il 1851 e il 1852 e causò un crollo della quantità di vino prodotta in Lombardia: se nel 1838 si producevano 1.520.000 ettolitri, nel 1852 gli ettolitri furono 550mila. La battuta d'arresto definitiva arrivò tra il 1879 e il 1890 con il manifestarsi di altre due malattie della vite: peronospora e l'oidio. Non solo, a queste due si aggiunse la fillossera, un insetto originario del Nordamerica comparso in Europa proprio a metà Ottocento.

I vitigni diventati poco produttivi vennero quindi estirpati ma l'estinzione della viticoltura nell'altomilanese si può ricondurre anche a una seconda causa. Con l'amministrazione napoleonica le grandi famiglie nobiliari e gli istituti ecclesiastici di Milano iniziarono a vendere i propri beni fondiari. Appezzamenti vennero quindi acquistati da grandi e piccoli proprietari. Rapidamente le attività manifatturiere legate ai nobili diventarono di proprietà della borghesia imprenditoriale e proprio lungo l'asse del Sempione (antico collegamento tra Italia e Francia) comparvero veri e propri stabilimenti.

Sorsero le prime tessiture e non pochi braccianti agricoli abbandonarono l'agricoltura per trasformarsi in operai. Altri, invece, se avevano le possibilità economiche, comprarono la terra che avevano sempre lavorato per i loro padroni ma senza impiantare vigneti, percepiti ormai come una cultura rischiosa. Proprio in questi anni prese il via la coltura dei gelsi: fondamentali per allevare il baco da seta e quindi fornire materiale grezzo alle fabbriche.

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