L'unico quartiere di Milano dove ci saranno solo ristoranti di qualità (per contratto)
In tre anni apriranno 20 nuovi ristoranti, bistrot, bar, negozi di gastronomia, pizzerie e forni nel Certosa District. Le prime inaugurazioni sono iniziate con June Collective e Loste. Uno sviluppo immobiliare sui generis
Di rigenerazione urbana si parla assai. Talvolta col rischio di travisare e di considerare rigenerativi processi che in realtà sono solo ristrutturazioni se non semplicemente operazioni immobiliari tradizionali.
Nella zona di Certosa a Milano non solo c'è in corso un'autentica rigenerazione, ma per la prima volta ci imbattiamo in una rigenerazione che individua la gastronomia, la ristorazione indipendente, il buon cibo e il buon vino come una delle sue identità e delle sue leve.
Le cose iniziano una quindicina d'anni fa quando il gruppo immobiliare RealStep (gli stessi che tanto tempo fa s'inventarono il distretto del design e della moda di Zona Tortona, forse la prima rigenerazione di spazi ex industriali a Milano) adocchia in queste lande desolate nell'estremo nord ovest della città lo spazio della Forgiatura che viene recuperato e affittato ad alcune aziende. La crisi post Lehman rallenta le operazioni che poi prendono un nuovo slancio negli ultimi anni e assumono conformazioni particolari: "In questa zona abbiamo circa 100mila mq da sviluppare e già siamo a metà dell'opera" racconta a CiboToday Vincenzo Giannico che a 34 anni è oggi direttore generale di RealStep e gestisce lo sviluppo di Certosa "ma il punto qui è avere un reale impatto sulla società, è il modo in cui mi piace fare questo mestiere ed è una cosa che mi interessa da sempre, da quando da piccolo giocavo coi Lego sognando di fare le città".
Il Certosa District e la sua rigenerazione urbana
L'area di Certosa è sembrata interessante a questi imprenditori perché aveva caratteristiche simili a quella che era Zona Tortona alla fine degli Anni Novanta: grandi stabilimenti industriali abbandonati, magazzini, vicinanza con infrastrutture di trasporto e prossimità con il Politecnico, che è un grande polo di attrattività per le multinazionali. A differenza dell'operazione fatta in Tortona, però, questa volta RealStep ha impresso una visione d'insieme, di servizio, loro lo chiamano "umanesimo immobiliare". Non si tratta più soltanto di rilevare edifici in rovina, riqualificarli e affittarli. Si punta oltre ad affermare un brand e una narrazione, a creare una comunità che viva nella zona, che resti qui anche dopo il lavoro, che decida di vivere qui, che rimanga a mangiare, a sentire un concerto, a vedere una mostra o a bere un drink dopocena, magari facendosi una passeggiata nei parchi e nelle aree verdi che si stanno realizzando. Con servizi che si alimentano vicendevolmente: "Se ad esempio c'è una seria offerta di musica" spiega Giannico "anche i ristoranti lavoreranno di più perché le persone dovranno mangiare qualcosa prima del concerto, e anche i cocktail bar allo stesso modo, perché una volta usciti dal teatro o dalla discoteca qualcuno avrà voglia di bersi un bicchiere".
Un nuovo modo di fare business immobiliare da una parte, la voglia di trasformare le passioni in fatti dall'altra. "Appassionato di gastronomia lo sono stato sin da piccolo nella mia fanciullezza in Abruzzo" spiega Vincenzo "poi la cosa si è accentuata qui a Milano quando ho stretto amicizia con l'imprenditore del food Hyppolite Vautrin. Anche la sua visione, modulata sulla stagionalità e sulla materia prima, mi ha ispirato. Nel Certosa District avremmo potuto più semplicemente puntare sui grandi brand e sui franchising del food, sarebbe stato decine di volte più facile. E invece ci siamo incaponiti nel portare nel quartiere solo operatori indipendenti di Milano e di fuori Milano". Insomma qui si stanno scegliendo gli affittuari uno a uno, governando il processo al contrario rispetto al solito: non viene selezionato chi offre di più a livello economico ma a livello qualitativo.
L'apertura di LOSTE al Certosa District
Vincenzo mira da qui al 2026 a portare nel distretto qualcosa come 20 insegne. "Con 6 abbiamo già firmato, e poi siamo in trattative". Del resto il cibo è uno dei pilastri contenutistici su cui questo nuovo quartiere punta forte, gli altri sono la musica ("ci saranno quattro discoteche e spazi per concerti, jazz e musica dal vivo; questo genere di frequentazione notturna aumenterà la percezione di sicurezza") e la produzione manifatturiera con l'obiettivo di riportare in città l'industria, l'hardware, la prototipazione. Che poi è una delle identità ottocentesche e novecentesche di Milano. Due realtà hanno già aperto: di June vi abbiamo già ampiamente parlato, mentre Loste ha inaugurato giusto nel pieno di questa estate 2023. Uno spazio assai più ampio rispetto a quello che Lorenzo Cioli e Stefano Ferraro hanno in centro in Via Guicciardini, con un grande laboratorio e un gradevole spazio esterno già verde e rigoglioso nonostante sia appena inaugurato. L'offerta? Del tutto simile a quella che abbiamo imparato ad apprezzare in uno dei luoghi più sulla cresta dell'onda degli ultimi anni, specie per quanto riguarda brioche, sfogliati e laminati leggendari di Stefano (tra i 2,5 e i 3€, salvo la brioche salata, irresistibile alla 'nduja, che costa un po' di più: 4,5€). E poi la granola (7€), e poi le focacce baresi (6€ la metà, 12€ intera), e poi una serie di piattini assemblati da Ferraro - che è un fuoriclasse coi lieviti, sì, ma è anche talentuoso chef - come la trota affumicata con crema di girasole (18€), la tartare con foglie di cappero ed emulsione al burro nocciola (17€), l'orzotto al pesto di erbe e crescione (15€). Naturalmente non manca tutta la linea degli espressi, dei cappuccini, dei cold brew o dei caffè filtro.
Certosa District: ristoranti di qualità per contratto
Ma è sufficiente rivolgersi a bravi affittuari? Basta scegliere con cura i partner a cui dare gli spazi? Probabilmente sì, ma questa operazione crede a tal punto sulla qualità dell'offerta gastronomica da imporla da contratto. "C'è scritto proprio negli accordi, se vieni qui da noi sei obbligato a seguire le stagioni, sei obbligato ad avere una filiera di un certo tipo nella materia prima, sei obbligato a servire vini naturali" ci spiega Vincenzo Giannico raccontandoci forse quella che è l'innovazione più semplice e più efficace del progetto. Nulla è lasciato alla buona volontà dei singoli: i rapporti tra proprietari delle mura e affittuari sono basati sulla qualità dell'offerta. Succede per i partner lato cibo, ma l'ottica è complessiva e olistica e anche il resto dei partner sono scelti in questo modo: "Sono aziende che portano qui un sacco di giovani, spesso sono start up o coporation internazionali che contribuiscono a generare un ambiente appunto internazionale nel quartiere. E l'obiettivo è portare tanta tanta formazione con scuole di manifattura, scuole di gastronomia e accademie. E una galleria espositiva per gli artigiani".
I nuovi ristoranti che apriranno nel Certosa District
Dopo l'estate si prosegue. Mentre procedono le riqualificazioni degli spazi che ospiteranno uffici, un boutique hotel e un coliving, arrivano il famoso forno Crosta, arriva il progetto Lafa che sarà il ristorante con linguaggio mediterraneo proprio di Hyppolite Vautrin, arriva un progetto direttamente da Bari, un altro ancora dal sud e poi i produttori lombardi di mozzarella di bufala di Miracolo a Milano. "Ho in mente la geografia di questi venti posti: almeno un paio di locali di alta cucina, molti per il breakfast, alcuni per il pranzo, poi stiamo parlando con una gelateria importante, cocktail bar per il dopo cena e forse un'insegna per la cucina asiatica. E poi una gastronomia, per chi vuole fare la spesa per mangiare a casa. L'importante è che si faccia sperimentazione, infatti stiamo predisponendo anche dei laboratori di ricerca: i soggetti che aprono nel distretto devono poter creare innovazione". Qui non c'è niente e si sta facendo tutto. L'obiettivo è evidente: chi viene a Certosa deve disporre di contenuti - in special modo gastronomici - a tutte le ore. Che facciano passare la voglia di andar via e che lascino addosso l'abbraccio di un nuovo quartiere che vuole fare comunità usando la leva della qualità del cibo.