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Cronaca

Lasciò morire convivente: assolto “non era consapevole”

Lasciò morire senza assistenza la sua convivente. Assolto in primo grado, perché il fatto non sussiste, la Corte d’Assise d’appello di Milano ha confermato la sentenza, ma cambiato la motivazione: non colpevole perché il fatto non costituisce reato

I giudici della Corte d’Assise d’appello di Milano ha assolto Nunzio Lo Nardo, l’uomo che lasciò morire la sua convivente gravemente malata. Si legge nella sentenza: “In un contesto così tragicamente anomalo e dinanzi a un quadro probatorio tanto scarno quanto contraddittorio, questa Corte ritiene non possa affermarsi con certezza che il Lo Nardo avesse l'esatta percezione della drammatica situazione in cui versava la sua convivente e della conseguente necessità di assisterla in maniera molto più appropriata, stante l'assoluta incapacità di provvedere adeguatamente a se stessa”.

L’uomo era stato assolto in primo grado, perché la convivenza di per se non comporta nessun obbligo di assistenza dell’altro, dovere sancito invece dal matrimonio o da un contratto per esempio, di badante.

I giudici della nuova Corte, pur dichiarandosi contrari alla sentenza di primo grado, spiegano che il comportamento del camionista 63enne è “un misto di ignoranza e rimozione”. Definite “fuori dal mondo” anche le dichiarazioni rese dall’uomo al primo processo, riguardo le condizioni igieniche e di salute della donna.

Il Lo Nardo è stato assolto, ma non perché il fatto non sussiste (come è stato affermato in primo grado, ma perché il fatto non costituisce reato.
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