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Cronaca

A Milano cresce il giro d'affari dei cittadini stranieri senza assistenza

Pasti consumati in camera, stessi finanziamenti, ma diversi servizi offerti. L'indagine effettuata dal Naga, l'associazione per i diritti degli immigrati richiedenti asilo, svela tutti i retroscena dei centri di accoglienza milanesi

Sono 3.000 i richiedenti asilo, provenienti da Bangladesh, Afghanistan, Iraq e Siria. Un numero capace di generare un giro d’affari di 10,1 milioni di euro solo nel 2015, questa la cifra spesa dalla Prefettura per gestire i centri di accoglienza di Milano e provincia.

Nei primi mesi del 2015 il centro Naga-Har (per richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tortura dell’associazione Naga) riceve richieste sempre crescenti di persone spaesate, arrivate in Italia da poco tempo, accolte in strutture di cui spesso si ignora l'esistenza. Gli operatori decidono di approfondire la situazione, intervistano 62 ospiti e chiedono alla Prefettura di Milano informazioni relative alle strutture coinvolte per avere l'autorizzazione a entrare. Le testimonianze raccolte, le visite effettuate, le interviste a gestori e operatori danno una fotografia sullo stato attuale del sistema di accoglienza gestito dalla Prefettura di Milano.

L’indagine condotta dal Naga, l’associazione per i diritti dei cittadini stranieri, svela tutti i retroscena dei centri di accoglienza milanesi. Nel "rapporto (Ben)venuti! Indagine sul sistema di accoglienza dei richiedenti asilo a Milano e provincia” si legge “Le modalità di accoglienza sembrano dare motivi di attacco preconfezionati. Gli ospiti si trovano inseriti in un sistema che più di accoglienza appare come l’ultimo tentativo di allontanare, emarginare."

Costretti a consumare i pasti in cameraun solo medico per 600 ospiti, assistenza legale e sanitaria quasi assente. Anche se la maggior parte delle strutture offre corsi base di italiano, il rapporto mostra l’assenza di qualsiasi offerta in otto centri gestiti da Integra onlus e al GM Residence di Rho. Rispetto all’assistenza psicologica e all’orientamento legale, però, oltre ai tentativi di andare al risparmio si aggiungono le singolari “unità minime di persone e orari” presenti nei bandi. “Per l’assistenza socio-psicologica – racconta  il Naga – sono previste ad esempio 12 ore settimanali per strutture fino a 150 ospiti”. Conti alla mano, “ogni ospite ha diritto a cinque minuti di assistenza psicologica alla settimana”. Per l’orientamento legale, invece, si arriva fino a 9 minuti e mezzo alla settimana, spesso non in lingua madre. Assistenza legale che per un richiedente asilo può significare la differenza tra mettersi in salvo e dover tornare nel paese da cui è fuggito.

Chiamate senza risposte, dopo aver rivolto diverse proteste agli operatori, un ospite del centro di accoglienza di Integra Onlus in via Porpora è stato costretto a mettere in atto una strategia paradossale, ma efficace “visto che gli operatori non rispondevano al telefono, sono stato costretto a chiamare la polizia e poi è stsa la stessa polizia a chiamare il centro di accoglienza, telefonata alla quale gli operatori del centro hanno risposto”. La polizia ha dovuto intermediare tra l’ospite del centro e gli operatori.

Stessi fondi, ma diversi servizi. Si tratta di cifre importanti, solo nel 2016 "sono stati assegnati 7,9 milioni di euro ad alcuni enti gestori che già collaboravano con la Prefettura”, si legge nel rapporto. In aggiunta, un nuovo bando dello scorso gennaio riguarda altri 4.500 posti per una spesa totale di 48milioni di euro. Soldi dati in mano a una ventina di enti gestori che dovrebbero essere obbligati per legge a garantire alcuni servizi, tra cui sostegno psicologico, assistenza sanitaria e legale, pocket money di 2,5 euro e tre pasti al giorno.

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