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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Stop del giudice all'adozione incrociata dei figli in una coppia omosessuale

Il caso di due donne, unite civilmente, che volevano adottare le rispettive figlie a vicenda. Bambine nate, tra l'altro, con il seme dello stesso donatore

Due donne, compagne e madri di due figlie piccole, la più grande ha sei anni, si sono viste rigettare la reciproca adozione da parte del tribunale dei minorenni di Milano, in forza del principio secondo cui non sussiste (nemmeno per la corte di Strasburgo) un generico "diritto ad adottare" da parte degli adulti, e la legge Cirinnà, che ha introdotto tra l'altro le unioni civili tra persone dello stesso sesso, esplicita che "resta fermo" quanto stabilito dalla "normativa vigente" sulle adozioni: ovvero, per i giudici dei minorenni, non introduce alcuna nuova normativa in merito.

La particolarità del caso sta nel fatto che le due bambine sono nate con il seme dello stesso donatore. Nel quadro di una scelta e di una storia d'amore e di condivisione di fatto familiare da parte delle donne protagoniste della vicenda, raccontata nei dettagli da Piero Colaprico su Repubblica.

Le due donne vivono insieme dal 2005 e, qualche anno più tardi, hanno effettuato due fecondazioni assistite a breve distanza. Così entrambe sono diventate madri biologiche di due bambine avute, come detto, dallo stesso donatore. E hanno deciso per l'adozione "incrociata": ciascuna ha chiesto in pratica di adottare la figlia dell'altra, in modo da rendere le bimbe sorelle anche per legge. Di fatto lo sono già. Vivono sotto lo stesso tetto e, con le madri, condividono la quotidianità familiare. 

Lo stop è arrivato dal tribunale dei minorenni che ha elencato con precisione tutti i casi possibili di adozione in Italia: quella "normale", relativa allo stato di abbandono, e palesemente non è questo il caso; e quella in presenza di un vincolo o un legame accertato. Ad esempio, quando il coniuge adotta il figlio già adottato dall'altro coniuge, oppure dopo un periodo sufficientemente lungo in cui il minore è stato affidato alla coppia che vuole adottarlo. 

Nessun modello di adozione, secondo il tribunale dei minorenni di Milano, si adatta al caso specifico, in cui le bambine godono di attenzione e "calore" sia da parte delle madri sia da parte delle compagne, e la legge Cirinnà non introduce, con le unioni civili, il diritto di adottare la figlia della propria compagna con cui ci si è unite civilmente.

La giurisprudenza, però, riporta casi simili in cui l'adozione è stata accettata. Nel 2014, per esempio, addirittura prima della Cirinnà, il tribunale di Roma aveva accordato l'adozione di una bambina da parte della compagna della madre biologica, argomentando che il requisito del matrimonio tra genitori non è previsto dalla legge sulle adozioni se non in un caso specifico (il coniuge che adotta il figlio dell'altro coniuge), e che "nell'interesse preminente del minore" quell'adozione si poteva dunque fare.

Il caso aveva fatto discutere, perché per alcuni era la dimostrazione che la cosiddetta "stepchild adoption", che inizialmente doveva essere inclusa nella Cirinnà ed è stata poi stralciata per evitare polemiche con il mondo cattolico, di fatto esiste già anche per le coppie omosessuali fin dal 1983, anno del varo della normativa vigente sulle adozioni. Tanto che nel 2016 la corte di cassazione, esprimendosi sul caso romano in seguito al ricorso della procura, ha confermato le due sentenze (di primo grado e d'appello) e dunque quell'adozione. 

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